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Favole
 
Favole 2008-06-14 04:42:59 galloway
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galloway Opinione inserita da galloway    14 Giugno, 2008
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Le favole di Maria di Francia

Mi è stato regalato, con tanto di dedica, un libro di favole. E’ un libro di piccolo formato che fa parte di una ricca collana di Biblioteca Medioevale. Un testo denso ed accattivante, stampato in corpo otto, pieno di favole medioevali, tradotte in testo a fronte dal francese del tempo e scritte da una “Maria di Francia” di cui non avevo mai sentito parlare prima. Una raccolta di Favole scritte possibilmente tra il 1167 e il 1189, forse uno dei primi adattamenti a noi giunti delle favole di Esopo, o a lui ispirate. Storie presumibilmente narrate dallo scrittore greco nel sesto secolo avanti Cristo, oltre duemila anni fa, quindi, scritte in greco, forse tradotte dal latino in francese da questa Maria in pieno Medio Evo, e riproposte oggi a noi, lettori del terzo millennio, dalla curatrice Roberta Morosini. Come avete letto sono diverse le incertezze che ricadono su questo libro e su chi l’ha scritto. Io vorrei, pertanto, partire da qualcosa di certo, cioè da chi l’ha scritto, che è la cosa più sicura. Spiegare cioè non solo il come ed il perché una giovane studiosa italiana, proveniente dal profondo sud della provincia italiana, si trovi ad essere docente di Lingua e letteratura italiana presso la Wake Forest University nella Carolina del Nord, ma anche il come ed il perché le favole attirano ancora e sempre l’attenzione dei lettori e degli studiosi in tutto il mondo. Comincerò dalle Favole.

102 favole precedute da un Prologo e chiuse da un Epilogo tracciano il percorso narrativo di Maria di Francia e delineano il lavoro di traduzione che la curatrice del volume ha intrapreso. Leggendo le circa quaranta pagine di presentazione sappiamo tutto, o quasi, dell’autrice delle favole, vissuta in un momento di grandi cambiamenti sia politici che sociali. Maria, che si definisce “di Francia”, mette in scena, per così dire, queste storie che, in un certo qual modo, sono dei veri e propri micro-drammi, con tutti gli umori e gli amori, i giudizi ed i pregiudizi del tempo, anzi di tutti i tempi, del sesto secolo prima di Cristo, del dodicesimo dopo Cristo e di oggi del terzo millennio. I protagonisti sono i soliti: un pastore, un cacciatore, un cavaliere, un pescatore, un falegname, un medico, un ladro, un fabbro, una strega, un eremita, un mercante, un contadino, un prete, categorie umane ancora moderne e sempre attuali, basta rimodulare qualche identità e il gioco è fatto.

Ma sono le categorie animali a prevalere. In tutto ammontano a ben 74 le favole in cui gli animali recitano ruoli ed esercitano funzioni legate direttamente o indirettamente alle categorie di cui si è detto innanzi: il lupo, l’agnello, il topo, la rana, il cane, la pecora, la gru, la cagna, la volpe, l’aquila, la lumaca, il corvo, il leone, la rondine, la scrofa, la lepre, il pipistrello, il cervo, la scimmia, il pavone, la pulce, la cicala, la formica, la cornacchia, lo scarabeo, il drago, il gallo, la colomba, l’astore, l’orsa, il riccio, il serpente, il cinghiale, l’asino, il tasso, il porco, il gufo, il passero, il bue, la vipera, il campo, il passero, il nibbio, la capra, la cerva, il caprone, il gatto, la gallina. Una fauna inesauribile, ognuna di essa una metafora di vita e di comportamenti umani, messi in scena per mezzo di piccole scene, con o senza uno sfondo morale, in cui il travestimento e la finzione costituiscono la vera e propria base di lettura delle vicende narrate.

Ecco il testo del Prologo che introduce la rappresentazione dei micro-drammi:

“Tutte le persone colte dovrebbero veramente dedicarsi alla lettura di buoni libri, scritti, esempi e massime che i filosofi si sono prodigati di scrivere e diffondere. Essi misero per iscritto i preziosi proverbi che sentirono e a cui affidarono una lezione morale affinché quelli che si prodigano per il bene potessero diventare migliori. Così fecero i nostri padri dell’Antichità. L’imperatore Romulus scrisse a suo figlio spiegandogli come fare a difendersi dagli inganni degli uomini. Esopo, che conosceva bene il suo signore, scrisse di lui alcune favole che aveva trovato e le tradusse dal greco in latino. La maggior parte delle persone si meravigliarono molto che Esopo impiegasse la sua intelligenza in un lavoro simile, ma nessuna favola è superficiale e tutte propongono nel finale, che custodisce il significato ultimo dei racconti, una lezione di saggezza. Non spettava a me, che deve mettere le favole in versi, raccontare le favole che compaiono in questa raccolta; mi è stato chiesto da colui che è il fiore della cavalleria, e dal momento che è un uomo come lui a chiedermelo, non ho alcuna intenzione di sottrarmi alla sua richiesta, sebbene mi costi lavoro e sofferenza e il disprezzo di alcune persone; comincerò dunque a raccontare la prima favola che Esopo scrisse e mandò al suo signore”.

Di qui comincia a muoversi tutta una umanità, di oggi come di ieri e dell’altro ieri: simboli, allusioni e metafore, fatti e misfatti, deboli e forti, furbi ed ingenui, uomini e bestie, mariti e mogli, preti e streghe, uomini e donne di sempre che appaiono e scompaiono sulla scena del mondo come in una giostra che continua a girare sul palcoscenico della vita. E’ facile ed è possibile anche per noi, uomini e donne del terzo millennio, ritrovarsi in antiche e moderne identità, in sembianze umane o animali, convinti come siamo tutti sulla scena del mondo a recitare una parte scelta consapevolmente, o che la stessa condizione umana ci impone di interpretare.

Maria di Francia così chiude il suo lavoro nell’Epilogo:

“Alla fine di quest’opera che io ho composto e scritto in francese, mi menzionerò per farmi ricordare dai posteri: mi chiamo Maria e vengo dalla Francia. E’ possibile che alcuni chierici, tanti in verità, rivendichino come proprio il mio lavoro. Io non voglio che venga loro attribuito: che dimentica se stesso agisce in modo insensato. Ho cominciato a scrivere questo libro e a tradurlo dall’inglese in francese per amore del Conte Guglielmo, l’uomo più nobile di tutti i regni. Questo libro si chiama Esopo; fu infatti Esopo a tradurlo dal greco in latino e a farlo comporre. Il re Alfredo, a cui piaceva molto l’Esopo, volle tradurlo in inglese, e io, esattamente come l’avevo trovato, l’ho messo in versi francesi. Ora prego Dio onnipotente di farmi mettere mano ad un’opera che mi permetta di rendere l’anima a Lui.”

La curatrice dell’opera, Roberta Morosini, ha saputo riportare alla luce lo spirito vero del silenzioso, fervido mondo intellettuale e poliglotta dell’Europa del Medio Evo. In particolare del chiostro dell’Inghilterra anglo-normanna ha saputo gettare una luce moderna su Maria di Francia. In un’epoca come quella in cui quest’ultima visse le favole servivano a mascherare la realtà di un mondo che spesso era incomprensibile ed inaccettabile, alla stessa maniera di come continua ad esserlo oggi, anche se forse in modo diverso.

Ai suoi studenti dell’altra parte del “nuovo mondo” Roberta offre la possibilità di accedere con il suo libro ad un “mondo” ad essi completamente ignoto e tutto da esplorare, fatto di echi e risonanze antiche, provenienti da luoghi lontani e culture diverse dalle quali lei stessa proviene. Dalle aule dello sconosciuto liceo del suo piccolo paese della provincia meridionale italiana, al grande campus dell’università americana in cui insegna da diversi anni, Roberta fa rivivere, vivendola lei stessa, la “favola” di una piccola italiana diventata “professore” e “cervello italiano” all’estero che onora degnamente la cultura italiana nel mondo.

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