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L'Italia come mito
Ricordo di aver letto tempo fa che uno storico tedesco ha scritto che l'Italia comincia dalla Sicilia e che gli italiani si sono diffusi risalendo la penisola e popolandola dei vari usi e costumi a seconda delle condizioni ambientali che trovavano nei loro inserimenti. Ma quando nasce il suo mito? Il mito dell'Italia in età moderna nasce e prospera nella prima metà del Cinquecento, contemporaneamente al suo declino politico: quando le guerre per la conquista della penisola vedono sullo scenario internazionale le maggiori potenze del mondo - Francia e Spagna - contendersi a colpi di archibugio il territorio della penisola diviso in Stati e staterelli l'un contro l'altro armati e disponibili a tutto pur di prevalere sull'altro.
Ma fu proprio attorno a quegli anni di lotte cruenti, con Francesco I e Carlo V in campo, che l'Italia tornò ad essere il centro dell'Europa, il baricentro della civiltà occidentale. Non che si fosse mai del tutto appannata la fortuna della civiltà italiana, ma è a partire del XVI secolo che essa assume nuove forme e si configura secondo modelli inediti o in gran parte rinnovati.
Proprio nel momento delle sue massime sventure politiche l'Italia ed il suo genio viene assunto a metafora e epitome dell'intelligenza, della creatività scientifica, filosofica e artistica, ma anche del buon vivere e dell'eleganza. In queste pagine provo a raccontare questa storia con quel poco di esperienza che ho – in taluni ambiti - della cultura europea. Essa attinse a piene mani a quel cantiere senza confronti e a quel serto di tesori che è l'Italia alle soglie dell'età moderna...
Quella che si indica come civiltà del Rinascimento ha, nel senso etimologico, l'idea e il mito di una rinascita a una nuova vita, a una nuova arte, a un nuovo concetto dello Stato e a un nuovo sentimento delle relazioni umane, dei rapporti economici e sociali. Pertanto il legame ideale con il mondo antico greco-romano è solo un segmento di questo vasto movimento, che principia nella prima metà del XV secolo e si conclude con la fine del XVI secolo: senza entrare qui in una discussione nella quale la periodizzazione rimane un irrisolto problema storiografico, conviene subito dire che un concetto assolutamente simmetrico è quello della scoperta – e conseguentemente del viaggio come esperienza concreta – motivata eminentemente dal nuovo spirito laico inaugurato dal pionieristico Liber civitatis di Filippo Villani, dall' Italia illustrata di Flavio Biondo, dagli scritti di letterati quali Leonardo Bruni e di un pittore, architetto e scrittore come Leon Battista Alberti.
Questa tradizione avrà il suo riscontro nell'opera di Erasmo da Rotterdam, modello esemplare di un nuovo tipo di intellettuale, assunto a principe degli umanisti d'Europa quando era ancora in vita. Costoro tra i primi si pongono alle spalle lo spirito millenaristico che domina tutto il mondo medievale, ma senza recidere le radici con questa tradizione religiosa.