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Breve storia del mondo
 
Breve storia del mondo 2008-06-03 10:42:31 galloway
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galloway Opinione inserita da galloway    03 Giugno, 2008
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Il mondo in breve

Il sogno di ogni bibliomane è quello di abbracciare, o meglio, percorrere leggendo, la storia del mondo attraverso la lettura di tutti i libri. Un sogno irrealizzabile perché, anche se fosse possibile possedere e leggere tutti i libri del mondo, sarebbe del tutto incredibile impossessarsi della storia di tutti gli uomini, specialmente la storia dei vecchi. Un vecchio è, infatti, un testamento vivente, il depositario dell’epoca da lui vissuta, soffrendo e gioendo il suo tempo, la quale, a sua volta, fa parte del tempo universale, il tempo di tutti. Quando l’autore di questo libro, E. H. Gombrich, morì nel 2001, aveva 92 anni. Dopo d’essere scappato a Londra dalla Vienna occupata da Hitler, portò con sé il bagaglio culturale di un’intera civiltà, incapsulato in un altro libro di grande valore: “La Storia dell’Arte”.



“Una Breve Storia del Mondo” è un libro solo in apparenza per bambini. In effetti è un microcosmo mentale, come quella sulla Storia dell’Arte, con la sintesi del progresso e del regresso umano dall’uomo di Neanderthal alla bomba atomica. E’ difficile non pensare a questo libro come l’analisi retrospettiva di un vecchio che aveva tentato di comprimere i quarantamila volumi della sua biblioteca che ancora riempiono la sua casa di Hampstead in Inghilterra. Egli lo scrisse nel lontano 1935 ed era solito leggerne le scorrevoli pagine alla futura moglie durante i fine settimana, passeggiando per i giardini di Vienna, prima che arrivasse il Tedesco Hitler.



Sebbene il libro avesse un successo immediato, i Nazisti subito lo misero al bando per il suo deciso pacifismo. Vennero fatte diverse traduzioni, come quella in Turchia, ma Gombrich esitò molto prima di fare un’edizione in Inghilterra, sua patria di adozione. Egli pensava che gli Inglesi, isolani e introversi, non sarebbero stati molto interessati alla storia del mondo, mondo al quale essi pensavano di non appartenere. Sua nipote Leonie, sua erede letteraria, espresse questa opinione in diverse occasioni.



Gombrich comincia il suo libro affermando che la “Storia” è “storia” prima di diventare tale, vale a dire la trasmissione dell’esperienza da generazione a generazione. Ecco perché, egli dichiara, è importante chiedere ai vecchi di raccontare ciò che ricordano. Il processo è simile a quello di bruciare un pezzo di carta e gettarlo in un pozzo buio senza fondo. La fiamma illumina il passato man mano che scende.



“La Breve Storia del Mondo” non è un libro “leggero”, anzi spesso è triste, anche se l’autore opportunamente attenua e diluisce i marosi della scrittura dei fatti narrati per non ferire troppo i suoi giovani lettori. Egli protesta sulle guerre di religione di cui parla e afferma di averne scritto il meno possibile. Verso la fine si scusa perfino di non avere neppure nominato Adolf Hitler.



Gombrich in diverse occasioni si sforza, attraverso l’ironia, di dare qualche giudizio personale sui fatti che narra, come quando, parlando di Pietro il Grande, dice che “non era affatto un uomo piacevole”, oppure che Marx aveva “la pensava in maniera diversa”. Egli non fa altro che cercare di addolcire l’amara considerazione che egli aveva sugli uomini, esseri appartenenti ad una specie crudele i quali, in nome della fede, hanno commesso ripetutamente delitti su delitti.



Nonostante il suo sostanziale pessimismo, Gombrich fece di tutto per addolcire la Storia che raccontava con nonchalance tutta Viennese. Era critico ma non troppo. Spesso malinconico ma pur sempre convinto dei lati positivi che la stessa Storia presentava agli uomini. E per questa ragione amava rifugiarsi nella musica e nell’arte. Sua nipote Leonie ha detto che, ogni qualvolta i nonni ascoltavano un disco, tutta la casa doveva essere silenziosa, come se si fosse ad un concerto. Non si poteva nemmeno tossire, se non tra un movimento e l’altro.





Durante la Guerra i Gombrich si trasferirono da una parte all’altra dell’Inghilterra. Andarono anche in America portandosi appresso sempre il loro pianoforte Steinway. Questo strumento fu quell’importante simbolo di immagini e idee che tutti i profughi che scappavano da Hitler si portavano appresso in esilio. Come un altro simbolo importante fu la biblioteca dei libri d’arte all’Istituto Warburg del quale Gombrich fu Direttore.



Quando scoppiò la Guerra, Gombrich e sua moglie istintivamente lasciarono Londra insieme al figlio. Fu allora che egli si rese conto di quanto fosse importante l’idea dell’insularità che gli Inglesi avevano di se stessi e quindi della loro imbattibilità difensiva che risaliva al 1066. Egli fu sempre riconoscente agli Inglesi per averlo ospitato, ma si sentì comunque uno straniero e per questa ragione pensò che il suo libro non poteva essere apprezzato e capito dagli Inglesi.



Quando nel 1945, alla radio, durante il suo turno di monitoraggio delle trasmissioni in lingua tedesca presso la BBC, egli sentì suonare la marcia funebre di Bruckner, capì che Hitler era morto. In un’intervista in occasione dei suoi 90 anni, quando gli fu chiesto se avesse gioito a quella notizia, egli disse di no, e lo disse col suo solito tono solenne. Secondo lui era la caduta di un grande popolo e di una grande civiltà. Ora i “banditi” erano arrivati anche a Londra, l’Inghilterra al tempo dell’intervista, il tempo della Thatcher.



Non poteva fare a meno di condannare i tagli e gli attacchi alla cultura che il governo inglese del tempo stava, secondo lui, perpetrando. Egli considerava la “Lady di Ferro” una ignorante, una che andava messa tra i “cattivi” della sua “Breve Storia del Mondo”, cattivi e vandali come quelli che incendiarono la biblioteca di Alessandria, o come quell’Imperatore cinese che distrusse gli scritti di Confucio col fuoco, insomma i nemici della storia. Il suo messaggio era semplice: se non sappiamo nulla della Storia, saremo costretti a ripetere gli stessi errori. Gombrich fu un uomo di grande cultura, con una grande visione. Egli amava la bellezza del cervello umano. Il suo libro mette in luce la maturità della sua cultura, oltre che il suo sterminato sapere.

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