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In ricordo degli "hibakusha"
"Non è solo il sonno della ragione che genera mostri, non è solo l’odio razziale che spinge l’umanità verso il baratro. C’è anche una cupa e agghiacciante razionalità che percorre le vie del Male e semina morte in nome di un Bene presunto. Tale fu l’olocausto nucleare scatenato il 6 agosto 1945 quando un bombardiere americano scaricò l’atomica su Hiroshima. Kenzaburo Oe, premio Nobel per la letteratura nel 1994, ripercorre il cammino della moderna apocalisse. Note su Hiroshima è un saggio che si presenta sotto la forma di un racconto rivolto a tutti noi, al mondo, che non solo ha dimenticato, ma che pensa all’incubo nucleare come a qualcosa scacciato per sempre dall’orizzonte dell’umanità. Oe si è recato più volte a Hiroshima tra il 1963 e il 1965. Gli appunti di viaggio ricavati sono stati poi pubblicati a puntate dalla rivista Sekai e raccolti ora in un volume.
Le cronache di quel tempo ci restituiscono intatta la memoria dei dimenticati, gli hibakusha. Chi sono costoro? Letteralmente “coloro che sono stati colpiti dal bombardamento”. I giapponesi coniarono il neologismo preferendolo a sopravvissuti o superstiti, termini che potevano suonare offensivi nei confronti dei defunti. Perché l’autore si decise a radunare i suoi scritti? C’era una ragione evidente: farsi parte attiva nella lotta al riarmo nucleare e promuovere la realizzazione di un libro bianco sui danni della bomba atomica. Quel mobilissimo intento si è trasformato in uno straordinario percorso dentro l’uomo: “A Hiroshima sono riuscito per la prima volta a impugnare una chiave che mi ha permesso di scrutare a fondo l’autenticità umana. E, sempre a Hiroshima, ho avuto modo di cogliere gli aspetti più imperdonabili della mistificazione di cui l’essere umano è capace”.