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Vestivamo alla marinara
In Italia, credo che l’unica rappresentante dell’aristocrazia industriale sia la famiglia Agnelli. Questo non solo per la ricchezza, ma soprattutto per il loro stile di vita. Susanna, Suni, ce lo rivela, narrando la sua vita fino al matrimonio. E si scopre che i bambini Agnelli, quello che lasciavano sul piatto, se lo ritrovavano al pasto successivo, che erano seguiti da un’istitutrice inglese e che i contatti con gli “augusti” genitori avvenivano di rado poiché i figli li “annoiavano”.
Siamo in pieno fascismo, Galeazzo è di casa e Susanna Agnelli descrive uno spaccato che è anche storia di’Italia: il suo ingresso nella Croce Rossa, l’istituzione di un servizio di ambulanze durante l’avanzata degli Alleati, la fine del fascismo.
Lo stile pulito e scorrevole può far credere ad un romanzo, invece Suni racconta cosa vuol dire avere un nonno chiamato “il Senatore”, capace di togliere i figli alla nuora alla morte del padre di Susanna, così come aveva fatto con la figlia alla morte del genero, in una Torino popolata di nobili, istitutrici inglesi e balie.
In un’intervista ad Enzo Biagi, Suni disse che quando aveva dato il manoscritto al fratello Gianni, l’”Avvocato”, per avere un suo parere, questi era convinto che non l’avrebbe letto nessuno. Invece diventa un best-seller tradotto in molte lingue ed entrato nelle aule scolastiche: ricordo infatti, che c’erano alcune parti tratte da “Vestivamo alla marinara” nel mio libro di letture delle elementari.