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Luci e ombre sul Risorgimento
Negli archivi privati di Teodoro Bayard De Volo, ministro del duca di Modena Francesco V, si trova anche uno scritto, quasi anonimo, in quanto firmato solo J.A., con delle straordinarie rivelazioni.
Il documento è attualmente conservato nell’Archivio di Stato di Modena e ha destato l’interesse di Elena Bianchini Braglia, che, in questo libro, lo riporta integralmente. E’ curioso notare l’italiano di altri tempi, non gravido di errori, ma di espressioni ormai desuete.
Ma cosa ha di così tanto interessante questo scritto?
In pratica, J.A., che risponde poi al nome di Filippo Curletti, agente segreto del regno sabaudo al servizio del Conte di Cavour, getta nuove luci sul nostro Risorgimento, anche se sarebbe più esatto dire che getta nuove ombre.
Non è che siano rivelazioni assolutamente imprevedibili, perché gli storici si sono finalmente liberati da quella visione del periodo risorgimentale riportata sui testi scolastici, ripetuta da insegnanti sia in epoca prefascista, sia durante il ventennio che negli anni successivi.
Che il nostro Risorgimento non corrisponda alle lezioni ricevute è ormai assodato e questo sulla base di indizi, numerosi, circostanziati e, per la loro logica, quasi del tutto probatori.
Lo scritto di Curletti costituirebbe invece la prova inoppugnabile di come sono andate finalmente le cose, perché l’uomo non è solo spettatore degli eventi, ma vi partecipa o addirittura li promuove.
Resta da stabilire la sua attendibilità.
In ordine alla sua autenticità sembra che non ci siano dubbi, tanto che è conservato nell’Archivio di Stato; se poi sia stato redatto proprio da un agente segreto, certe situazioni riportate, che trovano riscontri e che non erano comunque all’epoca di dominio pubblico, sembrano avvalorare l’ipotesi.
C’è un ultimo quesito da considerare, e cioè se Curletti ha scritto la verità, magari inserendo abilmente menzogne fra fatti realmente accaduti.
Questo è impossibile da verificare, per quanto quegli indizi di cui ho sopra accennato siano compatibili con il documento in questione.
Curletti sembra voler lasciare ai posteri la spiegazione di un fatto di grande portata come il Risorgimento, proprio perché possano comprendere come mai sia stato realizzato uno stato, con le sue istituzioni, ma sia mancata la nazione italiana, cioè non vi sia quel senso di forte identità che accomuna i suoi abitanti.
Così, leggendo queste pagine, potremo capire come delle finalità puramente dinastiche e di potere furono spacciate per il più nobile scopo di un’indipendenza, potremo vedere con occhi nuovi Vittorio Emanuele II, definito il re galantuomo, perché appunto non lo era, troveremo un Garibaldi al di fuori della tradizione mitizzante, un brigante con vaghe idee di dare agli italiani un paese libero.
Su tutto domina la corruzione, che emana dal personaggio di Cavour, un male ormai diventato endemico e che condanna l’Italia a un’arretratezza morale che aggrava la mancanza di una forte identità nazionale.
Da leggere, inoltre, la presentazione di Walther Boni e l’esauriente e approfondita introduzione della curatrice Elena Bianchini Braglia, che, riferendosi alla imminente ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia, termina con un invito che non è disaggregante, ma di autentica speranza affinché, come disse Massimo d’Azeglio, “Fatta l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani”.
Il suo pensiero è’ frutto di saggezza e di sincero amore per il paese, ma essere consapevoli del nostro passato è l’unico modo per essere tutti effettivamente italiani.
Scrive infatti Elena Bianchini Braglia: In realtà l’unico modo per celebrare l’Italia sarebbe quello di restituirle tutta la sua storia, tutti i suoi eroi, valorizzare tutte le sue antiche tradizioni, riconoscere le diversità dei popoli che la compongono. Solo così si potrà dare un senso a questa ricorrenza, solo così, forse, superate le violenze, le incongruenze e le forzature, l’unità potrà “ essere forte e durevole”.
Questo libro non può solo essere letto, ma deve essere letto, perché la verità, sepolta da anni di menzogne, possa finalmente trionfare e consentire a noi italiani un processo cognitivo delle nostre origini, delle nostre tradizioni, peculiari delle varie zone in cui l’Italia era divisa 150 anni fa, presupposto indispensabile per costruire un futuro di effettiva unione nel quadro di un’identità nazionale che fino a ora non è mai esistita.