Dettagli Recensione
Our electric bodies, ourselves
Un bel libro che consiglio a tutti, soprattutto a chi non è completamente a digiuno di femminismo e lotta alla disparità di genere.
Come recita il titolo di un pamphlet della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, “dovremmo essere tutti femministi” , cioè dovremmo essere tutti consapevoli che la strada per la legittima parità di genere è ancora tutta da percorrere, anche negli Stati tecnologicamente avanzati “il male gaze” , lo sguardo maschile, continua ad essere dominante.
La giovane giornalista Jennifer Guerra in questo libro, il cui titolo è una citazione della poesia di W.Whitman, affronta varie tematiche che ruotano attorno alla donna, per la precisione, al corpo della donna, e ai suoi diritti, che sono anche i diritti del proprio corpo, partendo da un interessante paragrafo intitolato “il personale è politico” che ho letto e riletto, talmente ho trovato interessante.
Perché proprio il corpo?
Ma perché è il nostro corpo che fa da “tramite tra noi e il mondo”, è anch’esso linguaggio, un linguaggio da ascoltare con rispetto e di cui essere pienamente e correttamente consapevoli.
In questo capitolo, la scrittrice delinea velocemente la storia del femminismo, dalla prima “ondata”, definita “storica” fino a quelle più recenti, sostenendo che, sì, il femminismo storico ha permesso alle donne di ingaggiare una lotta contro il sistema patriarcale e paternalistico che per millenni e secoli ha imposto alle donne un ruolo marginale di silenzio e subalternità, ma poi è stata presa una strada sbagliata.
Nell’ondata immediatamente successiva al movimento femminista storico è stato fatto un passo falso: abbiamo permesso al corpo di depoliticizzarsi, siamo passati dal personale all’individuale, abbiamo voluto diventare come gli uomini, siamo entrate nella loro trappola rimarcando le differenze sessuali e il “nostro personale” è diventato egoismo, individualità.
In altre parole: è venuta a mancare la parola, la condivisione e la collaborazione tra donne per continuare quel percorso di autocoscienza femminile, dove l’aggettivo femminile, occorre specificarlo, non è legato esclusivamente alla presenza dell’utero e degli organi sessuali femminili della nascita. Sarebbe auspicabile, infatti, che il femminismo contemporaneo assorbisse anche le tutte le identità femminili e quel gender fluid , quella categoria “queer” di cui aveva parlato Judith Butler.
Perchè donne lo si diventa, diceva la grande Simone De Beauvoir , gli organi genitali non ci danno “il patentino di donna”. A Jennifer Guerra interessa, nel libro, porre l’accento sulla necessità di riprendere la parola condivisa da parte delle donne, dare la parola al nostro “straripante” desiderio di autoaffermarci, di emanciparci definitivamente dai ruoli tradizionali, realizzare tutte le nostre potenzialità e renderle manifeste nel pubblico. Internet, dice Jennifer Guerra, al di là di tutte le immagini falsate, “ultranarcisistiche del sé”, potrebbe rivelarsi un “nuovo speculum”, lo strumento che ha permesso alle donne di conoscere meglio il proprio corpo, di creare circoli di aiuto e sostegno, di creare una vera “sorellanza” e ridare valenza politica al corpo femminile.
Non basta tutto questo, occorre una rivoluzione culturale che cominci già dall’educazione delle bambine, dall’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole, dalla lotta all’hate speech (che stranamente sembra passare inosservato dai colossi dei social network che invece bannano il profilo di una celebre scrittrice indiana che posta una sua foto in cui i vestiti son sporchi di sangue mestruale), scardinando quella cultura dominante che spesso vittimizza le donne.
Il libro tocca tanti argomenti, l’hate speech, la cultura dello stupro, la bellezza della morte di una donna, il tabù delle mestruazioni, l’oggettificazione del corpo femminile.
Da leggere e far leggere anche ai giovani.
Indicazioni utili
Dio odia le donne, Giuliana Serena
Dovremmo essere tutti femministi, Chimamanda Ngozi Adichie
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