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RICOMINCIO DA ME
In questo racconto autobiografico l’autore descrive il suo percorso dopo aver abbandonato la dirigenza de La Repubblica; dalla riscoperta delle proprie origini all’incontro con vecchi e nuovi amici, senza tralasciare il ricordo del padre, il Commissario Calabresi, e la dura risalita della madre, rimasta vedova con 3 figli, dopo il grave fatto avvenuto nel 1972.
“La mattina dopo” è un libro che va assaporato lentamente, a piccoli bocconi, come le deliziose cipolle ripiene della nonna o come il vino proveniente dalle colline del Roero che la stessa nonna definisce “il Bricco delle Ciliegie”; dopo lo smarrimento iniziale di un uomo abituato a vivere nella frenesia della professione, districandosi fra giornate dense di appuntamenti e appunti disseminati ovunque (nei cassetti, fra l’agenda, nella tasca della giacca), ecco giungere questo nuovo tempo lento, il tempo delle riflessioni e degli abbandoni, il tempo di far visita ad un amico lontano e di condurre ricerche presso l’Archivio Storico della Città di Torino, dove riscoprirà finalmente le origini dei propri cari, del nonno Carlo che rifiutò la tessera del fascismo e che perse il posto di lavoro, pur tuttavia non perdendosi d’animo dando nuova vita ad una propria azienda che negli anni divenne un pilastro nell’economia del Nord Italia.
C’è una frase che mi ha colpito ed è pronunciata dall’amico giornalista di Calabresi, Yavuz Baydar, rifugiato politico in Europa dopo il golpe in Turchia avvenuto nel 2016: “la strada che prendi la mattina dopo che si rompe il tuo mondo spesso decide cosa sarà della tua vita”.
Talvolta non c’è spazio per il dolore e lo smarrimento, c’è necessità di agire con raziocino e fermezza, altre volte ci si abbandona alla corrente degli eventi ed a quel senso di vuoto che poco a poco riempie ogni piega dell’animo. L’incipit è proprio la mattina dopo, quel punto di arrivo che si trasforma in un punto di partenza.
Mi soffermo un minuto in più per dedicare ancora una riflessione su questo libro: leggetelo senza pregiudizi né particolari aspettative, l’autore non compie voli pindarici né memorabili esercizi di stile, tanto meno snocciola lezioni di vita come tondi acini d’uva dorati e succosi; è un semplice racconto che mi è parso umile e sincero, pur tuttavia non del tutto indispensabile, se mi è concesso dirlo.
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