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Sempre valido
“Tra i valori che vorrei fossero tramandati al prossimo millennio c’è soprattutto questo: d’una letteratura che abbia fatto proprio il gusto dell’ordine mentale e dell’esattezza, l’intelligenza della poesia e nello stesso tempo della scienza e della filosofia, come quella del Valéry, saggista e prosatore…”
“(….)la grande sfida della letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo”.
“Solo se poeti e scrittori si proporranno imprese che nessun altro osa immaginare la letteratura continuerà ad avere una funzione.”
Nel 1985, alla fine di un millennio, Calvino si interroga sulla letteratura, sulla sua sorte e su quella del libro nell’era cosiddetta tecnologica industriale. Indaga la specificità della letteratura, la sua qualità e i valori di cui si nutre cogliendo, il primo fra gli italiani a cui fu rivolto, il prestigioso invito dell’università di Harvard a tenere le Charles Eliot Norton Poetry Lectures, sei conferenze a tema libero nel corso di un anno accademico. La morte lo colse con cinque di esse pronte e la sesta in via di definizione, proprio quella sulla consistenza, quella che avrebbe dovuto aprire gli interventi e che è a me la più gradita. Leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità e molteplicità sono i restanti temi di cui si occupa. Che mix! Presi così, come dei semplici sostantivi, alcuni di essi, associati alla letteratura parrebbero quasi dei disvalori. Come può essere leggera la letteratura? O rapida? E poi quando è esatta sfiora la tediosità. Visibile? Se lo augurano tutti gli autori. E molteplice? Con la dirompente specificità dei moduli narrativi che la contraddistingue? A entrare nel vivo degli interventi si acquisisce invece un’idea ben precisa e circostanziata di ognuno di questi valori ritrovandosi, di fatto, a calcare l’intera produzione di Calvino che lui stesso cita in maniera autoreferenziale, senza che ciò disturbi ma, al contrario, sorprenda, ritrovandosi piacevolmente, il conoscitore della sua produzione. Il lettore ha ora in mano la cerniera fra la produzione artistica e l’estetica che l’ha nutrita, in modo chiaro e preciso come non può accadere leggendo solo i testi. Ad ogni valore segue precisa definizione, dopo ampia trattazione costellata di puntuali riferimenti bibliografici che spaziano nella vasta cultura letteraria dell’autore da Dante a Cavalcanti, passando per Boccaccio, Lucrezio, Ovidio, James, Dickinson, Shakespeare, Diderot, Sterne, Leopardi, Valèry, Gadda e tanti altri. Su tutti spicca Borges che pare compendiare queste caratteristiche. A noi lettori, di quella letteratura che è stata prodotta dopo, non resta che chiederci quali di questi valori incontriamo, se li incontriamo, e se le capacità creative e immaginative riescono a tener testa all’ipertrofia delle immagini che sovrapponendosi nel nostro cervello confondono quello che esperiamo con quello che vediamo non rendendoci capaci di comprendere quando invece stiamo creando usando semplicemente la nostra immaginazione.
Per me è difficile dare risposta, più facile cercare rifugio nella letteratura classica o riconoscere letteratura, nella produzione contemporanea, in quella scrittura che sa far vibrare mente e cuore con contenuti universali restituendomi la mia condizione umana, molto facile da perdersi.
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Vale.
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anche a me piace moltissimo questo libro, tanto che talvolta vado a leggermene alcune pagine con immutato piacere e interesse. Tra le parti che lo compongono, preferisco l'elogio della leggerezza. Mi ha fatto meglio meglio comprendere perché io prediliga gli autori dotati di scrittura lieve.