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Una stanza tutta per sè
 
Una stanza tutta per sè 2015-12-04 18:26:24 Giordana
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Giordana Opinione inserita da Giordana    04 Dicembre, 2015
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Liberarsi

Questo saggio di Virginia Woolf, pubblicato per la prima volta nel 1929, è il risultato di due conferenze tenute a Newnham e Girton l’anno precedente la sua stesura.
“Una stanza tutta per sé” è un grido di battaglia che attraversa il tempo e lo combatte, propagandosi con la voce di mille donne, di quelle donne abbandonate nello sfondo, lasciate ai margini, alle cornici della storia.
Fondamentale nella vita dell’uomo per la sua funzione, la donna ha sempre rappresentato lo specchio che ne accresceva la figura (e dunque la sua autostima e le sue potenzialità) spingendolo alla realizzazione di sé e delle sue grandi opere. Preziosa per l’arte degli uomini, è stata tanto elogiata (e tanto frequentemente oggetto d’interesse) tra le righe, nelle pagine di infinite opere, quanto privata della libertà, della parola, della scelta, della vita, nella realtà. Virginia, donna, scrittrice, protagonista letteraria del primo novecento, è il prodotto di questi secoli (per la donna bui, per la donna-poeta insostenibili) di repressione, di chiusura, di maschilismo; ha in sé la scintilla di una virtù che appare come nuova, ma che eppure è peculiare delle donne, di molte donne, che è la scintilla del coraggio. E’ passione, è determinazione, è consapevolezza della propria condizione e di quella delle sue coetanee in contrapposizione alle condizioni in cui si sarebbero trovate donne come Judith, sorella immaginaria di Shakespeare che vuole, come il fratello, vivere per l’arte, ma che per essa, al contrario, sarà portata a morire.
La Stephen (o la Woolf) è perfettamente consapevole del ruolo marginale della donna nella storia e degli effetti che tale esclusione ha avuto nell’arte delle scrittrici che prende in considerazione durante le sue ricerche volte a dar vita al tema “Le donne e il romanzo” (C. Brontë, E. Brontë, J. Austen) ed è in grado di farne un’analisi che non fa altro che dimostrare tutte le sue affermazioni e teorie. Tra queste ha grande importanza quella dell’”efficienza” e del valore, anche e soprattutto dal punto di vista artistico, dell’androginia, di una mente che sappia accogliere, per natura, i due opposti, che coesistono e creano armonia, equilibrio. La mente dell’artista dovrebbe essere una mente androgina, dunque, e una mente libera da turbamenti. “La mente dell’artista, per poter realizzare il prodigioso sforzo di liberare nella sua totalità l’opera che si trova in lui, deve essere incandescente, come deve essere stata la mente di Shakespeare, congetturavo, guardando le pagine di “Antonio e Cleopatra”. Non ci deve essere in essa alcun ostacolo, alcuna materia estranea che non sia interamente consumata.”
Insomma, si spazia dal discorso sull’arte della scrittura alla questione della condizione femminile per arrivare, infine, a quella che è l’arte delle donne.
Il saggio di Virginia, che inizialmente si interroga sull’”effetto della ricchezza sulla mente” e sull’”effetto della povertà sulla mente”, che pensa “com’è spiacevole rimanere chiusi fuori”, che pensa “alla sicurezza e alla prosperità di uno dei sessi e alla povertà e all’insicurezza dell’altro e all’effetto della tradizione e alla mancanza di tradizione nella mente dello scrittore”, è reso estremamente importante dalla sua forza, che è la forza degli argomenti, delle stesse parole, quella che lei elogia tanto e che troppo a lungo è stata repressa, sepolta nell’anima di troppe creature come una testa schiacciata sotto un cuscino.
“Chiudete a catenaccio le vostre biblioteche se volete; ma non potete mettere alcun cancello, alcun catenaccio, alcun lucchetto alla libertà del mio pensiero.”
Virginia esorta allora a lottare contro questa repressione, a dare speranza a Judith, a rivendicare i diritti e la libertà di donne come lei, a tentare di ottenere “cinquecento sterline l’anno e una stanza propria”, a vedere gli esseri umani “non sempre in relazione l’uno con l’altro bensì in relazione con la realtà”, ad accorgerci che “dobbiamo fare la nostra strada da sole” e che “dobbiamo essere in relazione con il mondo della realtà e non soltanto con il mondo degli uomini e delle donne” finché “finalmente si presenterà l’opportunità, e quella poetessa morta, che era sorella di Shakespeare, ritornerà al corpo del quale tante volte ormai ha dovuto spogliarsi. Attingendo la sua vita dalla vita di quelle sconosciute che l’hanno preceduta, come prima di lei fece suo fratello, nascerà la poetessa. […]
Ma io sostengo che ella arriverà, se lavoriamo per lei; e che lavorare così, sia pure nella povertà e nell’oscurità, vale la pena.”

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Ciao. Gran bella recensione per un libro che dev'essere molto interessante.
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Giordana
05 Dicembre, 2015
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Ciao Emilio, ti ringrazio come sempre. Virginia Woolf è una grande maestra, secondo me, anche dell'arte della scrittura. Chiara e concisa ma sempre forte e profonda. Credo diventerà non solo la mia ispirazione ma anche la mia autrice preferita. Davvero ammirevole.
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