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E che alla follia sia data parola...
Scritto nel 1509 e pubblicato per la prima volta nel 1511, “Elogio della Follia” è un saggio di grande valore ancora oggi considerato quale uno degli scritti più influenti della civiltà occidentale e uno fra i catalizzatori della Riforma protestante.
Dedicato all’amico Tommaso Moro – tanto che nella dedica a questo Erasmo sottolinea il carattere satireggiante di quell’opera nata in un periodo di malattia ed ozio forzato – il fine ultimo del componimento non era la diffusione tanto che infatti una prima versione fu pubblicata, piena di errori e mancante di una parte, in Francia dagli amici ai quali lo stesso autore aveva fatto leggere l’inizio affinché – come da questo asserito – “ maggiore allegria ne venisse dal ridere in compagnia”.
Parla in prima persona la Follia, di sé stessa e con grande ironia. Immaginando di pronunciare un discorso dinanzi ad un’assemblea ella inizia il suo monologo in difesa della sua posizione per sfociare infine in una vera e propria auto-glorificazione. La lode personale è giustificata dalla sua stessa natura; questa è per eccellenza “fuori dal comune” e dunque perché non sfruttare il paradosso a suo favore: se per i dotti è inconcepibile auto glorificarsi, per la follia è la cosa più naturale poiché per definizione assurda e dunque pertinente nell’auto-lodarsi. E partendo dal presupposto che nessuno si conosce meglio di sé stesso la lode deve essere tessuta dallo stesso protagonista e non da altri che risulterebbero incapaci di adempiere adeguatamente all’incarico. Innegabile è la sua potenza, a differenza di altri, è sufficiente che si manifesti per ottenere piena e completa attenzione.
Allevata dall’Ignoranza e dall’Ubriachezza è figlia di Plutos, Dio della ricchezza, e della Giovinezza. Molteplici sono le sue ancelle (tra le quali identifica Vanità, Adulazione, Oblio, Voluttà) nonché i suoi più fedeli compagni. D’altra parte, come resistere al fascino di una cotale personalità?
Portatrice di spensieratezza e allegria, la nostra protagonista, inverte quei dogmi che generalmente siamo soliti guardare con sospetto perché sono proprio questi – a suo avviso – a donare felicità all’essere umano. Il passaggio sull’amore è un qualcosa di sublime, penetra in chi legge con forza dirompente (a distanza di anni è ancora vivo nella mia memoria).
L’ultima parte del testo si incentra sugli abusi della dottrina cattolica romana toccando i religiosi ma non anche quel Dio idolatrato e visto quale unico essere perfetto.
E’ un linguaggio diretto quello adottato in questo saggio, un stile unico nel suo genere, tanto per ironicità che per forma. Un libricino che si divora in poche ore ma intriso di grande significato e forza contentiva. Uno di quei testi che tutti dovrebbero leggere e che è una perdita sincera non assaporare.
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Commenti
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Qualche giorno fa, facendo ordine, mi è ricapitata tra le mani e mi son decisa a dar una spolverata alla memoria assaporandola - paradossalmente - più che della prima occasione.
Spero di essere riuscita, nel mio piccolo, a convincerti.. Non ho dubbi sul fatto che la tua recensione in merito sarebbe sublime così come la tua immancabile penna. ;-)
Grazie di cuore del commento, mi ha fatto tanto piacere. Ma tanto tanto!
Complimenti a te: non lo sembra, forse, ma questo volume è una lettura e una citazione colta.
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