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La felicità - un viaggio filosofico di Frédéric Le
Interessante saggio sulla ricerca della felicità, scritto da Frédéric Lenoir (filosofo, sociologo e uno dei maggiori esperti in storia delle religioni). Il libro è un viaggio filosofico nel quale lo scrittore percorre nel tempo l’idea-concetto della felicità, da Aristotele ad Epicuro (che ne fecero il tema centrale della loro filosofia, convinti che la ricerca del piacere fosse innata nell’essere umano), Kant e Schopenhauer (i più autorevoli pessimisti), passando per Buddha, Chuang-tzu, Epitteto, Montaigne e Spinoza, attraverso un percorso che ci consenta di dare un senso alla nostra vita, divenendo maestri nell’arte più eccelsa: quella di divenire se stessi, tentando di soddisfare al meglio le nostre vocazioni.
Il pensiero sulla felicità cambia nella storia dell’uomo, ma leggendo questo saggio possiamo notare che le convinzioni dei grandi sulla felicità non sono del tutto dissimili e non esiste una ricetta valida per tutti. Secondo l’autore sarebbe più facile rispondere alla sola domanda: “Cosa mi rende felice?”, piuttosto che all’eterna interrogazione: “Cos’è la felicità?”, perché molto dipende dalla nostra Weltanschauung (cioè dalla visione del mondo, dall’ottica con cui guardiamo alle cose e noi stessi). La tendenza, comune un po’ a tutti, è quella di essere poco centrati sul presente, venendo distratti dal continuo rimuginare sul passato o dalle preoccupazioni rivolte al futuro e questo atteggiamento non aiuta la serenità. Da qui l’invito dell’autore a non perderci in pensieri vani, ma a vivere in piena consapevolezza ogni esperienza quotidiana. Secondo i maestri spirituali di ogni epoca una tale disposizione d’animo può far sì che ogni nostra attività, si trasformi in una - sia pur piccola- fonte di felicità. L’idea della felicità, secondo l’autore, è una norma morale, filosofica, costituente la felicità individuale ma che diviene fondamento della felicità collettiva, perché crea i doveri del vivere civile. La ragione quindi, conduce alla felicità del singolo (imparare a conoscersi per condurre un’esistenza il più conforme possibile alla nostra natura), senza eludere la felicità sociale di cui tanto discutevano i saggi dell’antichità. Per i greci il bene comune era superiore alla felicità individuale e i fondatori delle nostre prime repubbliche condividevano questo punto di vista. Oggi è ancora così? L’egocentrismo e l’indifferenza verso gli altri hanno generato disuguaglianze economiche così profonde da spaccare l’Occidente tra l’ideologia consumistica e la coscienza solidale. Inoltre viviamo in un’epoca in cui essere felici è quasi un dovere: siamo “condannati” ad essere uomini e donne di successo, in perfetta forma e sempre giovani. Concezione misera di felicità, che si riduce a puro edonismo e consumismo, col risultato di dare solo piacere immediato e superficiale. Di contro, dice Lenoir, “la felicità del saggio non dipende dagli eventi sempre aleatori che derivano dal mondo a lui esterno (salute, ricchezza, onori, riconoscimenti ecc.), ma dall’armonia del suo mondo interiore” all’insegna dell’accettazione e della magnanimità.
Questo saggio è un lungo cammino - punteggiato di interrogativi - nella filosofia e nella storia del pensiero, che ci conduce alla considerazione che essere felici è dare senso alla propria vita. Ma una felicità profonda e duratura diventa possibile quando cambiamo il nostro sguardo sul mondo: fuori e dentro di noi.
“Mentre si aspetta di vivere la vita passa” Seneca;
“La nostra felicità dipende da ciò che siamo” Arthur Schopenhauer;
“Il nostro grande e glorioso capolavoro è vivere come si deve” Michel de Montaigne.
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