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Ribadirsi il contesto
Una piccola recensione per un piccolo testo, che si inserisce nel filone utopico e verte sul dialogo tra il cavaliere Ospitalario ed il nocchiero Genovese, due figure che l’autore utilizza per dare il via alla descrizione dell’isola-città del Sole e dei Solari, i nativi di questo luogo ipoteticamente perfetto ma inesistente.
Con mio rammarico, ammetto che non ho saputo apprezzare fino in fondo questa cinquantina di pagine, poiché non ho potuto fare a meno di paragonarlo in continuazione ad altre letture di altre repubbliche “utopiche” fatte in precedenza, in particolare alla lettura de “L’Utopia” di Tommaso Moro. Proprio rispetto a quest’ultimo, il testo sembra avere personalmente uno spessore minore, peggio ancora, sembra una copia bella e buona riuscita però molto male.
I punti in comune tra i due autori sono molti, a cominciare dall’introduzione della città che viene scoperta casualmente dall’uomo di mondo qual’è Genovese. In seguito, sempre tramite il dialogo tra questi due personaggi, veniamo a conoscenza degli usi e costumi di questo luogo lontano. Ma mentre in Moro, coloro che ascoltano il racconto, si fermano a ragionare e a discutere le differenze tra la civiltà utopica e la loro, il maggiore (ed unico) interlocutore rappresentato da Ospitalario, si riduce semplicemente a fare domande o a richiedere che le sue curiosità vengano soddisfatte.
Dal nostro punto di vista poi, la civiltà del Sole per quanto utopica, assomiglia più ad una società gerarchica e di controllo, quasi distopica, nella quale tutti fanno a capo a qualcuno con autorità maggiore, qualsiasi questione è regolata dalle alte sfere che impartiscono le direttive in base a calcoli astrologici. Inoltre più si sale la scala sociale, maggiori sono i benefici dei quali si può godere. I Solari sono decisamente più sottomessi all’autorità degli Utopiani, che godono di una libertà maggiore e proprio in merito a questa libertà, sono meno propensi a infrangere le leggi… Cosa che del resto non infrangono nemmeno i Solari, solo che la loro obbedienza appare molto più cieca.
Un altro elemento che a mio parere pone “La Città del Sole” su di un piano inferiore, è il costante accostamento di elementi reali e poco utopici con elementi che si potrebbero definire fantastici. Trovo faticoso conciliare i benefici maggiori di una classe superiore, l’usufruire di donne gravide/sterili per “sfogare i propri istinti” con l’utopia, come del resto non vedo come possa essere possibile che dei bambini nel giro di pochissimo tempo riescano ad inglobare un sapere pressoché enciclopedico. Diciamo che per leggere con un minimo di attenzione, è necessario ribadirsi molte volte il fatto che questo libro ha poco a che vedere con la realtà così come la conosciamo e interpretiamo noi. Bisogna sottolinearsi costantemente il periodo storico che ha dato i natali al libro e, sopratutto, ricordarsi che si sta leggendo utopia.
Sarà anche il libro più famoso dell’autore ma non è probabilmente il miglior testo con il quale accostarsi al filosofo, nonostante contenga molti degli elementi a lui cari.
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