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Morale degli schiavi o morale dei dominatori?
Nietzsche è senza dubbio una delle figure maggiormente controverse della storia della filosofia. Filosofo dal fascino indiscusso e dall’ineguagliata originalità dottrinaria, la sua fama è stata aiutata dalla notizia accertata della sua pazzia e dalle opportunistiche interpretazioni del suo pensiero, che hanno influito su eventi storici come le dittature del Novecento o la Shoah.
“Al di là del bene e del male” è una sorta di enciclopedia della storia della filosofia, in particolare morale, in cui Nietzsche inserisce le sue riflessioni al fine di creare la filosofia dell’avvenire, la filosofia degli spiriti liberi. Passando in rassegna tutte le dottrine etiche fino ad allora proposte, il filosofo tedesco mette in evidenza che, nelle loro differenze e contraddizioni, tutte hanno portato alla creazione di una morale che si configura come una maschera dorata, dietro la quale l’uomo nasconde i suoi istinti e le sue passioni per opportunismo sociale. E’ questa la “morale degli schiavi”: secondo Nietzsche infatti da un simile comportamento non può che svilupparsi un uomo infelice e risentito, poiché snaturato. Ciò che egli auspica è dunque il superamento della morale come paura e l’approdo alla morale come attitudine e volontà. La filosofia del futuro di cui Nietzsche vuole gettare le basi dovrà partire dalla valorizzazione della dimensione interiore dell’uomo, che nel suo essere dovrà ricercare, o meglio determinare, la sua morale, una “morale dei dominatori”, in cui emerge quanto di più umano vi è: le passioni. Tra gli istinti, quello a cui tutti gli altri si riconducono è la volontà di potere, vero noumeno dell’essere umano e filtro attraverso cui guardare il mondo dall’interno, alla quale Nietzsche attribuisce il valore di una forza autoglorificantesi, autodeterminantesi e autosuperantesi al fine di preservare l’uomo stesso (“Bisogna essere capaci di preservarsi: è la prova più forte di indipendenza”). Chi sarà in grado di mettere in pratica questa nuova filosofia morale, che si pone al di là del bene e del male, si trasformerà in uno spirito libero, nell’oltreuomo creatore di valori e in grado di determinare la sua vita secondo la dimensione dionisiaca del suo animo. Una vita di cui Nietzsche mostra apertamente una visione tragica e pessimista: “L’obiezione, la deviazione, l’allegra sfiducia, il desiderio di ironia sono segni di salute: tutto ciò che è assoluto rientra nella patologia.”; emerge chiaramente la sua anima contrastata, rassegnata alla solitudine tra gli uomini, all’incomprensione, alla mancanza di certezze assolute (come la religione o la morale) e alla paura di sé e degli altri. D’altronde si parla di un uomo che “si era lasciato venire meno il terreno sotto i piedi perché non possedeva altro che il mondo interiore dei suoi pensieri (e, oltre tutto, ne era piuttosto posseduto. Non aveva più radici, e si librava al di sopra della terra, e perciò era precipitato nell’esagerazione e nell’irrealtà.” (Jung).
Altra caratteristica che impressiona di Nietzsche, sebbene secondaria ai fini del messaggio di quest’opera, è lo sguardo intelligente e lungimirante sul mondo e sulla società che si palesa nei pensieri di stampo politico: il riconoscimento della potenza del popolo ebreo, che era (ai suoi tempi) e sarà (nel Novecento) perseguitato proprio per questo, che non vuole però dominare l’Europa (pur avendone la possibilità secondo Nietzsche), ma solo avere uno spazio vitale dove stabilirsi; la previsione del ruolo degli Ebrei e dei Russi nel gioco di forze nella politica europea, che si avrà nel post-Seconda Guerra Mondiale; il riconoscimento della superiorità di una razza, come quella ebrea, separata geograficamente ma unita da un istinto collettivo, sulle nazioni (vedi Germania, Italia, Francia o Inghilterra), che con le loro rivalità e i loro interessi contrastanti altro non fanno che indebolirsi reciprocamente fino a distruggersi per questioni non di primaria importanza come quelle nazionalistiche (ciò che avverrà in seguito alle guerre mondiali a favore di USA e URSS); l’affermazione della necessità dell’avvento di una nuova casta di governatori in Europa, per un’Europa forte e unita secondo le idee di artisti come Wagner, che già nell’Ottocento l’auspicavano, e che vedrà la luce nel secondo Novecento.
Commistione di sociologia, antropologia, politica, psicologia, religione e morale, “Al di là del bene e del male” è una delle opere filosofiche di maggior interesse nel panorama disponibile e maggiormente rappresentative del convulso e affascinante pensiero nietzscheano.
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complimenti molto interessante.....ho letto qualcosina del filosofo tanti tanti anni fa, ma non questa opera in particolare