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Il mio criterio estetico
Commentare un romanzo implica – a livello più o meno consapevole – l’assunzione di un criterio estetico.
Perché diciamo che un’opera (letteraria nel nostro caso) ci piace?
A questa domanda possiamo rispondere in modo emotivo e sentimentale: un testo ci cattura quando a esso aderiamo intimamente, quando ci sentiamo coinvolti, quando ci identifichiamo. Un testo crea in noi il senso dell’appartenenza quando in esso vediamo riflesso il nostro gusto contenutistico e stilistico e questa coincidenza ci appaga in un processo di soddisfazione per molti versi assimilabile al piacere che sperimentiamo nel soddisfacimento di qualsiasi altro bisogno vitale.
Sul piano razionale, possiamo raggiungere un livello di consapevolezza più elevato se in un’opera riscontriamo il nostro senso estetico.
Questa convinzione ragionata la possiamo conquistare anche grazie al testo di un filosofo: in questo caso un pensatore tanto difficile da essere stato spesso travisato.
La Nascita della Tragedia dallo Spirito della Musica è la prima opera matura di Nietzsche.
Nietzsche individua due principi antitetici, che nella tragedia attica si fondono in modo armonico.
Il primo è l’Apollineo: il sogno, la forma delle arti plastiche, il canone, la serenità imperturbabile delle divinità olimpiche.
Il secondo è il Dionisiaco: l'ebbrezza, il senso della musica, la vitalità estrema, crudele e sensuale della frenesia orgiastica.
Quando questi due poli si fondono, allora nasce l’opera d’arte e diviene possibile “gettare lo sguardo nell'abisso”, penetrare anche l’orrore e lo sgomento esistenziale senza esserne risucchiati, proprio come accade nella tragedia attica che mette in scena i mali peggiori suscitando nello spettatore il rapimento artistico che culmina nella catarsi.
Certamente, l’opera del filosofo è complessa e deve essere inserita nelle acrobazie evolutive del pensiero di Nietzsche. Ma da essa si possono anche trarre alcuni principi semplici, perfino elementari. Così, adattando l’antinomia tra apollineo e dionisiaco a nostro uso e consumo, pensiamo che il “romanzo bello” sia quello che coniuga un contenuto dionisiaco – emozionalmente coinvolgente - a una forma apollinea, che non abbia parole dissonanti, che non sia approssimativa o presenti espressioni inadeguate al contenuto che devono esprimere. Per questo anche la singola parola diviene importante e può macchiarsi di una colpa grave: rompere l’incanto o l’atmosfera…
Come dire che nell’arte vera ritroviamo tumulti e disarmonie della natura umana, che indossano le forme della poesia e della musica. E convergono nell’estetica che sentiamo come parte integrante del nostro essere anche talvolta infedeli e contradditori...
“I Greci, che esprimono e al tempo stesso nascondono la dottrina segreta della loro visione del mondo nei loro dèi, hanno stabilito come duplice fonte della loro arte due divinità: Apollo e.Dioniso. Questi nomi rappresentano nel dominio dell'arte dei contrari stilistici, che incedono l'uno accanto all'altro quasi sempre in lotta tra loro, e appaiono fusi una volta soltanto, quando culmina la «volontà» ellenica, nell'opera d'arte della tragedia attica. In due stati, difatti, l'uomo raggiunge il sentimento estatico dell'esistenza, nel sogno e nell'ebbrezza.”
Bruno Elpis
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@ Gracy: l'unica cosa che bolle in pentola in questo momento è quello che sto cucinando (stasera mi tocca). E sono pronto a sentirmi sbeffeggiare (per quel che cucino)... :-)
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