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Il mare aperto della ricerca di senso
Come Odisseo per l'alto mare aperto nella ricognizione dell'ampiezza dello spirito umano, Scalfari, accompagnato da Diderot, come lo fu Virgilio per Dante, va alla scoperta di Montaigne, per poi seguire tutta una serie di considerazioni sul pensiero di personaggi come Proust, Baudelaire e gli scrittori maledetti, poi Leopardi, Goethe, Kafka, Kant, Hegel,Tolstoi, Dostowjesky, Nietzsche, Rilke, Calvino e Montale, tanto per citare i più importanti. Egli considera quello che per lui è ormai il tempo lento, ma progressivo, della fine della metafisica che iniziò con Platone 2500 anni fa nel nostro Occidente. Il grande giornalista ed intellettuale, esperto di economia, cultura classica e letteratura, filosofia e storia, non ha torto. Vediamo ogni giorno intorno a noi e dalle cronache echi e atti che ribadiscono la fine dell'assoluto e delle certezze. Il relativismo ed il nichilismo stanno permeando, a parte qualche enclave religiosa, molta parte delle nostre società, anche di quella che apparentemente sembra devota, ma che non è poi affatto profondamente credente. Le idee politiche, ma anche la fede religiosa ed il culto con i suoi rituali sono molto spesso solo fini a se stessi per una identità coltivata e per un piacere personale mancando di quella sollevazione di spirito che dovrebbe consentire sempre una fraternità e l'abbattimento di ogni antipatia, la conciliazione ed il confronto sereno per addivenire a qualche cosa che condiviso insieme provochi il percorso verso quel valore assoluto che è Dio o che sia semplicemente il progresso umano e civile per il quale anche gli animi diversi si uniscono nell'impresa. Scalfari è uomo che non crede in Dio, ma non si picca, non si esagita a dimostrarne l'inesistenza, egli ha un atteggiamento invece piuttosto accentuato e incline in questo libro all'agnosticismo che pone Dio in un posto dove Lui anche se ci fosse sarebbe di tale natura spirituale da non interagire nel destino personale e nel mondo ed interpreta nello scorrere della cultura di questi ultimi quattro secoli una nascente e progressiva rivincita dell'intelligenza umana che non può - e poichè la struttura del pensiero cresce, è robusta e sussiste in se stessa - e non deve essere illuminata dalla Rivelazione, e l'intelligenza, lo spirito dell'uomo moderno trova lì il suo conforto, le sue estasi poetiche, la sua scanzonata disillusione su un destino che non ha un senso escatologico, ma solo quello del momento vissuto e la coscienza di dover lasciare agli altri un futuro migliore. Scalfari vede in questo movimento intellettuale della modernità una razionale e quanto mai serena dimostrazione che l'uomo può niccianamente coesistere con un pensiero autonomo e forte, diventando egli stesso misura delle cose, poichè come diceva Eraclito, tutto scorre e nessuna cosa è uguale sempre a se stessa, e come insegnava Montaigne, ogni pensiero affermato può essere smontato, rimontato e dimostrato nel suo contrario...e questo accadeva ancor prima che nella dialettica hegeliana. Nietzsche chiude la modernità nel novecento e prosegue ancor ora efficacemente a dispensare con le sue opere la rappresentazione e l'interpretazione di un mondo dove l'uomo è solo, e non a caso viene narrato da Scalfari come il pensatore che aveva sempre accanto a se il suo libro fondamentale, gli Essais di Montaigne, del pensatore così caro anche a Pascal. Troviamo in "Per l'alto mare aperto" anche dei passaggi su Dostowjesky e su Pascal, ma evidentemente questi personaggi pur essendo grandi autori del pensiero e della letteratura, verso i quali c'è per Scafari la dovuta reverenza, non risultano per lui così interessanti da rispecchiarvi la sua medesima distensione sul relativismo dove il grande giornalista ed intellettuale si ristora senza alcun timore. Il mio giudizio sul libro, dalla mia posizione di credente, è molto favorevole perchè induce, obbliga a immedesimare il lettore, pena l'incomprensione totale, sulla trama logica delle sequenze e dei legami storicistici e letterali tra i pensatori e con andirivieni molto interessanti. Ogni alterità da noi stessi che viene spesso rintracciata nello scorrimento del libro ci aiuta a vedere chi realmente siamo, misura la nostra capacità di comprensione d'essere e d'esistere in questo mondo. Noi tutti potremmo contrastare questi pensieri con un'altro nostro, di pari o superiore efficacia, se ne fossimo capaci, o magari facendocelo imprestare da altri pensatori che stanno nella parte avversa a Nietzsche. Ma per i credenti resta un fatto, che il mondo occidentale ed occidentalizzato sta rovesciando a rotta di collo su questo versante e l'argine auspicabile al nichilismo non è la condanna esecrabile e la proclamazione dei valori eterni, ma la testimonianza dei valori, e nelle situazioni più difficili, con le persone più ostili che hanno più bisogno di toccare con mano che il mondo davvero non finisce qui. Questo è il punto critico per coloro che si professano credenti. Questo sarebbe il preciso dovere della testimonianza per coloro che professano di credere in Dio.