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Il vizio oscuro dell'Occidente Manifesto dell'Antimodernità 2013-04-20 04:12:51 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    20 Aprile, 2013
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Le perversioni dell’industrialismo

La lettura dei saggi storico filosofici di Massimo Fini è quanto di più facile ci possa essere: nessuna elucubrazione complicata, nessun contorsionismo, ma una scrittura chiara e per certi versi semplice.
In lui si apprezza una coerenza invidiabile che si manifesta in ogni libro, con il perseguimento di un obiettivo, con la sempre più ampia esplicitazione di una teoria che parte da dati di fatto incontrovertibili e che giunge a indicare una soluzione su cui molti non potranno essere d’accordo, ma che di fatto è l’unica possibile.
L’industrialismo è un mostro che divora le esistenze, che sviluppa una società sempre più insoddisfatta e che si regge solo su una politica di potenza e di dominio.
L’analisi può sembrare spietata, ma è estremamente realistica, una circostanza che pone il pensiero di Fini al riparo da critiche costruttive perché nulla avrebbero da opporre.
In questo libro si parte dal famoso attentato alle Torri Gemelle di New York per giungere, per gradi, all’amara constatazione che ciò che ci sembra una condizione vita perfetta non lo è sicuramente.
La posizione egemone degli Stati Uniti che vuole imporre ovunque la democrazia e con essa il suo modo di vita è la cartina di tornasole che prova in modo inequivocabile che l’attuale sistema socio economico è malato, in quanto insane sono le sue basi.
Si vive per produrre, oltre le proprie necessità, e quindi si inventano nuovi bisogni; questo è il frutto dell’aver sostituito, come elemento di centralità del sistema, l’uomo con l’economia, un macroscopico errore che ha votato l’umanità all’infelicità.
Questo meccanismo assurdo ha comportato una serie di riflessi sulla struttura sociale, ovviamente negativi, che in epoca preindustriale non esistevano: la disoccupazione, l’accrescimento stratosferico della ricchezza di pochi e l’immiserimento della quasi totalità degli abitanti del pianeta.
L’illuminismo ha invocato tanto la libertà e l’uguaglianza, sancita a chiare lettere in tutte le costituzioni, ma negli effetti pratici c’è chi è più libero e più uguale. Insomma, come si è creato un processo senza freni ad incrementare la produzione, si è introdotto un analogo meccanismo che spinge a raggiungere sempre più elevati livelli di carriera, perché non si tratta solo di maggiore retribuzione stare su un gradino più alto, ma è soprattutto il convincimento di poter fruire di una condizione sociale privilegiata.
Ci si accorge quindi di non essere uguali a chi ci sta più sopra e nemmeno a chi ci sta più sotto, ma ogni successo di posizione che otteniamo provoca un’effimera felicità, perché subito ci si deve attivare per salire più in alto.
Giustamente, rileva Fini, in epoca medioevale le classi sociali erano sancite e non si poteva passare dall’una all’altra, perché era un ordine costituito, magari con richiami fasulli al diritto divino, ma il plebeo sapeva che la sua era una condizione che non poteva che essere accettata. Nell’evoluto mondo attuale scoprire che, nonostante sia sancita l’uguaglianza, questa di fatto non esista finisce con il traumatizzare l’individuo, con il farlo sentire vittima di un sistema che opera eternamente il Bene, ma realizza sempre il Male.
La soluzione di un ritorno alla società preindustriale può sembrare semplicistica e inattuabile, ma allo stato dei fatti è l’unica via percorribile: la stessa si concretizzerà quando il sistema collasserà, e non tanto per opera del fondamentalismo islamico, nemico della modernità, quanto per il fatto che le genti, frustrate, esasperate, non crederanno più in un meccanismo perverso che ha loro tolto il piacere di vivere e di sperare.
Il vizio oscuro dell’Occidente è un libro da leggere in ogni caso, sia che ci si trovi in sintonia con l’autore, sia nel caso contrario, perché la realtà che ci viene mostrata è inoppugnabile.

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