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Tenebre su tenebre
 
Tenebre su tenebre 2012-01-28 05:40:23 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    28 Gennaio, 2012
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Un’analisi impietosa

Nel 2006 Ferdinando Camon ha riunito in un volume (Tenebre su tenebre) una serie di pensieri, ragionamenti, meditazioni, ricordi, scritti nel corso di circa tre lustri in concomitanza con i fatti più eclatanti della storia e della cronaca, come guerre, encicliche, omicidi, suicidi, fenomeni sociali di vario genere, tutti eventi che, senza che magari che ne accorgiamo, incidono in modo determinante sulla nostra vita.
Ormai dovrei essere abituato all’originalità delle opere di questo autore, mai ripetitivo, e in grado di affrontare qualsiasi tema a 360°; eppure questo Tenebre su tenebre mi ha stupito, con questa lunga serie di riflessioni su aspetti diversi, ma in un’unica ottica: quella di rappresentare i controsensi di una società apparentemente felice, ma che va di giorno in giorno degradando. E il quadro che ne esce è per certi aspetti disarmante, perché non lascia scampo, perché non resta un barlume di speranza a che questa decadenza possa arrestarsi, o comunque rallentare.
Tengo a precisare che Camon non è l’inguaribile pessimista che da un aspetto, magari anche marginale, trae, per estensione, conclusioni apocalittiche; no, nel leggere questi pensieri, che a volte possono anche indisporre perché ci toccano direttamente, nascono altre riflessioni che finiscono con il pervenire, al termine del libro, a un unico giudizio sul futuro di questa povera umanità, tesa a percorrere una discesa senza freni e comunque nel più totale disinteresse per la propria sorte.
Ora parlare diffusamente di tutte queste ponderazioni è pressochè impossibile, perché il libro consta di 368 pagine, dove sono numerosissimi i fatti su cui l’autore ha ragionato e pertanto mi limiterò ad accennare solo ad alcuni, a quelli che, a mio parere, possono meglio dare un’idea dei contenuti di questo volume.
Comunque non è sfuggito nulla dei piccoli e grandi temi, o problemi, che caratterizzano la nostra società. A volte le riflessioni hanno imposto un discorso piuttosto lungo, altre, più spesso, si formalizzano in poche righe, una vera e propria fucilata che ci richiama alla realtà di situazioni e di fatti che abbiamo affrontato in modo superficiale, e frequentemente sulla base di preconcetti, che diamo come verità assolute, e invece sono delle falsità di comodo su cui costruire castelli che, per l’infondatezza delle loro stesse basi, prima o poi finiranno per crollare su di noi.
In un’epoca come la nostra, caratterizzata da grandi spostamenti di esseri umani dalle aree misere della terra alle nostre, in cui il benessere è ancora palpabile nonostante la crisi, non poteva così mancare un’attenzione per il fenomeno delle migrazioni ed ecco allora alcune meditazioni, fra le quali Verme mi sembra che più di ogni altra valga a spiegare la nostra diffidenza verso questi stranieri (I paesi che hanno avuto una forte emigrazione sono i più crudeli nel bloccare l’immigrazione. Perché l’ex-emigrante vede nel nuovo povero il povero che lui è stato. La visione accanto a sé dello straniero-povero è come la scoperta di un verme nella mela che sta mangiando: sputa perché lo disgusta. Perciò gli immigranti, dopo aver lavorato qua per decenni, prima di morire tornano nei loro paesi: finalmente liberi, pari tra pari.).
Altre riflessioni sono brevi, quasi uno strale che colpisce all’improvviso e che dà l’impressione di un epitaffio disincantato, proprio per la logica ferrea che è alla loro base, come nel caso di Vincitori (Nelle polemiche letterarie, come nelle guerre, vince chi ha più potere, non chi ha più ragione. La tv sul giornale, il giornale sulla rivista, il premiato sul finalista, le centomila copie sulle diecimila copie.).
Di questi pensieri lapidari ce ne sono parecchi e, a differenza di quelli che sono più lunghi da leggere, sono brevissimi, ma richiedono, magari in più tempi, ulteriori nostre riflessioni che finiscono poi per approdare ad altre problematiche, proprie dell’esercizio della mente quando viene opportunamente stimolata, come in Bene (Il bene è silenzioso. Se diventa rumoroso, è pubblicità.). E’ vero e senz’altro incontestabile, ma in una società in cui conta l’apparenza, finirà nella maggior parte dei casi con l’essere pubblicità. E se poi pensiamo al concetto che abbiamo di bene, sorge immediata una richiesta di verifica, su cosa sia effettivamente il bene, su come cercarlo in noi, su come farlo senza la cognizione di farlo, come gesto spontaneo, contro ogni forzatura.
Si potrebbe andare avanti per un bel po’, e infatti la lettura del libro è stata piuttosto lunga, nel senso che mi ha impegnato in un arco di tempo di circa un anno, che può sembrare un’enormità, ma non lo è, poiche gli stimoli che mi ha indotto continuano a perpetuarsi, provocano indirette e anche non cercate riflessioni che tendono a far sì che il mio apprezzamento, a distanza di tempo da quando l’ho terminato, si accresca, al punto da farmi esclamare:” Se non l’avessi letto, mai e poi mai avrei fatto queste considerazioni; mai e poi mai avrei pensato che ciò che ritenevo assodato era solo un preconcetto; mai e poi mai avrei cercato di comprendere, attraverso me stesso, i problemi di questa società.”.
Quelli che erano atti di fede sono così risultate semplici convizioni, assimilate come veri e propri dogma, e quindi a prova di ogni logica, in quanto questa aprioristicamente respinta.
Al riguardo Camon scrive una riflessione esemplare sulla Fede (Su quel che promette la fede l’umanità si divide in due parti: metà crede che ci sia tutto ma teme che non ci sia niente, l’altra metà crede che non ci sia niente ma teme che ci sia tutto.)
Quasi senza accorgerci, una pagina dopo l’altra, emerge una diagnosi cruda, impietosa, della nostra società, una conclusione che turba e che porta a una visione di un mondo insensato, in un libro di grandissimo interesse, e di altrettanto consistente valore.
Leggetelo, per sapere come siamo, per conoscere dove andiamo.

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