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Una recensione di recensioni
Mi riesce un po’ difficile scrivere la recensione di un libro che raccoglie numerose recensioni scritte da un unico autore. In effetti mi pongo una domanda un po’ sibillina, ma che esige una risposta che forse con difficoltà riuscirò a darmi.
Mi chiedo: che diritto ho di buttar giù due righe, insomma di scrivere la recensione delle recensioni?
Vincenzo D’Alessio ha una sua sensibilità, una sua metodologia nell’esaminare un lavoro, nel trarne l’esito e poi nell’esporlo che differisce dal mio. Non è una questione di lana caprina, perché in questo contesto tutto sommato oggettivo entrano poi fattori soggettivi che possono esulare dalla qualità dell’opera e che sono rappresentati dalla sua piacevolezza istintiva. E’ in fondo lo stesso problema che mi pongo quando metto nero su bianco le impressioni di lettura di un lavoro ed è un tarlo sempre presente, anche se ricacciato giù negli anfratti più nascosti: che titolo e diritto ho per giudicare un poeta, un narratore, un saggista?
Sono tante le risposte e nessuna mi convince; pertanto spero che Vincenzo D’Alessio abbia la bontà di comprendermi per quello che andrò a scrivere e lo consoli il fatto che le mie non eccelse capacità saranno espresse al massimo, come l’atleta che non vince pur spremendosi a fondo.
A complicare le cose, poi, è il fatto che la quasi totalità delle opere recensite non sono da me conosciute e allora ho deciso di calarmi nei panni di un lettore normale che segue, per orientarsi, i consigli di lettura.
Senza parlare di un articolo in particolare le impressioni che ho avuto si estrinsecano in questi elementi:
1) L’indipendenza del giudizio che mi sembra chiara, senza che insorgano sospetti, merce rara si direbbe, considerata l’epoca in cui il dio denaro induce non pochi editori a condizionare numerosi critici:
2) Una struttura espositiva sperimentata e che si ripete, perché ormai radicata nella logica di D’Alessio; quindi niente improvvisazioni, tanto che, se non fossimo in campo letterario, direi che il metodo ha connotati scientifici;
3) L’indole poetica che, a volte di più, a volte di meno, lo conduce a diventare, peraltro piacevolmente, un coprotagonista nel testo e anche a ricorrere a un ragionamento metaforico;
4) La semplicità e la praticità, insomma il giudizio che può farsi l’eventuale lettore dell’opera recensita appare supportato da tutti gli elementi indispensabili, esposti razionalmente e in modo accessibile ai più.
Viene da chiedersi, quindi, che valore attribuire a questi Profili critici e allora nei panni del comune lettore posso dire che l’opera di volta in volta trattata viene enunciata, richiamandone gli aspetti essenziali, ma non svelata, insomma D’Alessio fornisce tutti gli elementi che servono per comprendere se il libro recensito può interessare oppure no.
Poco? No, tanto, perché il critico deve essere di supporto nella scelta e non imporla, deve essere chiaro senza raccontare tutto. Compito non facile, vero?
Vincenzo D’Alessio, però, è sicuramente riuscito ad assolverlo, e anche bene.