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Buchi bianchi fluttuanti come libellule ...
Confesso subito, prima di iniziare, la mia ignoranza sul tema: salvo un’infarinatura di Fisica al liceo ed un facile esame sulla stessa materia al primo anno di Medicina, gli argomenti che tratta Rovelli sono stati sempre lontani dai miei interessi. L’arrivo della pensione, però, mi ha stimolato, come penso abbia fatto con tanti altri, nello spingermi a curiosare in campi non ancora esplorati: uno di questi è stato la struttura dell’atomo (come conseguenza allo studio della cellula?), con particelle annesse e relativi quanti, e poi, dal piccolo all’immensamente grande, l’universo (anche se Cechov nei Quaderni scriveva che”forse l’universo si trova dentro al dente di qualche gigante”!). Amici cari, qui si rischia di perdersi: dopo 15 miliardi di anni, abbiamo scoperto solo l’altroieri (circa 400 anni fa, merito di Copernico e Galileo)) che la Terra gira intorno al Sole e addirittura solo circa trent’anni fa la Chiesa riconobbe il torto di aver allora condannato l’incolpevole Galileo. E poi, tutto un susseguirsi di inebrianti scoperte: le galassie che fuggono, la velocità di espansione dell’universo e la relativa costante di Hubble, le migliaia di stelle della nostra galassia (noi siamo, pianeti e Sole compresi, un insignificante puntino periferico), per non parlare del famoso big bang iniziale sul quale discutono anche i ragazzini delle elementari. Anche i misteriosi buchi neri sono ormai una realtà, dimostrata e osservata, come ci racconta Rovelli: corpi celesti di ogni dimensione con gravità talmente elevata da non lasciar uscire neppure la luce. Ma Rovelli ha un’intuizione: la possibilità che teoricamente possano esistere anche i buchi bianchi, esponendoci una ricerca sull’argomento nel suo ultimo saggio, “Buchi bianchi”.
Il saggio inizia con le ricerche sui buchi neri, dall’esame del loro orizzonte all’ingresso negli stessi, un lungo imbuto fino al massimo della gravità, dove il tempo scorre più lento. E’ l’occasione per ricordare che in montagna (più lontana dal centro della terra, quindi gravità meno forte) il tempo scorre più veloce (ovviamente si tratta di millesimi di secondo!) rispetto al livello del mare (gravità più forte), ove il tempo scorre più lentamente. Concetti non facili per un profano: e Rovelli giustamente ammonisce che proprio la convinzione che le nostre intuizioni naturali siano giuste ci impedisce di imparare. Bisogna imparare (lo sosteneva anche Galileo!) a disimparare! In fondo al buco nero la gravità che, afferma Rovelli, è una distorsione dello spazio-tempo, è massima e il tempo scorre lentissimo.
Quando Rovelli comincia a trattare i cosiddetti buchi bianchi, introduce oltre alle proprietà quantistiche di spazio e tempo, anche altri concetti: ad esempio i “grani di spazio” (quanti di spazio) analoghi ai “grani di luce” (i fotoni), con tanto di regole matematiche delle teorie quantistiche. Dal buco nero a quello bianco, c’è un procedimento inverso: è come girare un film al contrario. “Stella di Planck” è il nome che si dà all’intero fenomeno: la stella che sprofonda nel buco nero, il rimbalzo, il buco bianco “fino a che tutto esce di nuovo”.
Questo passaggio è stato studiato in forme diverse, non ci sono certezze, solo la convinzione di “avere in tasca la verità”.
Rovelli si dilunga poi sulla “informazione” contenuta in un buco nero e sul fatto che, quando la stella rimbalza in buco bianco, questo risulta più piccolo, non ha energia per crescere e finisce per sparire.
E se, conclude l’autore, la famosa “materia oscura”, quella misteriosa polvere invisibile che pullula nell’universo, fosse costituita da miliardi di piccoli buchi bianchi che “ribaltano il tempo dei buchi neri e fluttuano lievi nell’universo come libellule …” ?
Così finisce il saggio di Rovelli. Se nella prima parte dedicata prevalentemente ai buchi neri ci ho capito qualcosa, nella seconda, quasi tutta teorica e avvolta, almeno per me, nel mistero e rivolta soprattutto a chi ha nozioni non superficiali di fisica quantistica e astronomia, ho solo avuto intuizioni fuggevoli: resta il fascino di nozioni ancora tutte da approfondire e verificare e lo stupore per chi si dedica con entusiasmo e dedizione alla ricerca.
Lo stile è scarno, privo di sottigliezze: Rovelli scrive come parla, senza maiuscole e con punteggiatura approssimativa. Si esprime con la mente e con il cuore, con frequenti richiami danteschi e con l’entusiasmo di chi ha dedicato e dedica tutta la vita agli argomenti che tratta.
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Il piacere di leggere non mi abbandona mai, ti confesso che l'ho ereditato da mio padre e dalla sua immensa biblioteca... Grazie ancora, un saluto affettuoso !
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