Dettagli Recensione
Un italiano da conoscere
Il libro è per tre quarti una orgogliosa autobiografia di un illustre italiano, semi sconosciuto in patria, ma celebre in America e certamente da annoverare tra le menti più lucide e gli ingegni più fervidi che l’Italia abbia esportato. Faggin è tra i padri della microelettronica ed è inventore tra le altre cose della tecnologia silicone Gate e della implementazione del microprocessore.
Ho trovato interessante la descrizione dei pionieristici albori della rivoluzione elettronica che avrebbe di lì a poco sconvolto usi e costumi dell’intera società. Faggin restituisce il senso di euforia creativa che caratterizzò gli anni 60-70 di quella che si avviava ad essere battezzata Silicon Valley. Brillanti ingegneri e leader carismatici accorrevano da tutto il mondo e sfornavano fondamentali brevetti, startups nascevano e tramontavano, nuove tecnologie cui oggi non potremmo più rinunciare (personal computers, mouses, touchscreen...) vedevano la luce ed i ritmi di lavoro erano frenetici.
Al contempo però l’autore non manca di evidenziare gli aspetti più deleteri che pure accompagnarono e accompagnano tutt'oggi quella furia creativa. In quel clima di competizione estrema, i furti di brevetti e la competizione sleale dentro e fuori le aziende erano all'ordine del giorno ed il giovane ingegnere italiano ne fece presto le spese.
All'autore mi accomuna, fatte le debite proporzioni, il percorso professionale. Trenta anni dopo Faggin, anch'io ho vissuto esperienze lavorative in Silicon Valley e tuttora lavoro per una azienda californiana di semiconduttori. Oltre a comprendere bene gli aspetti tecnici trattati, conosco per esperienza diretta a quali conseguenze possa condurre lo spirito iper-competitivo della cultura americana.
Tre quarti del libro dunque sono prettamente autobiografici. La narrazione in stile asciutto e scorrevole è sempre interessante e coinvolgente seppur a tratti si avverte un eccessivo autocompiacimento.
L’ultimo quarto è invece totalmente riservato agli studi relativi alle più profonde realtà della coscienza che l’autore comincia a indagare dopo una visione seguita ad una crisi esistenziale. Qui il testo si fa ostico e confesso di aver faticato non poco a comprendere e digerire una teoria affascinante sì ma a mio modo di vedere solo marginalmente scientifica malgrado l’autore richiami spesso, a sostegno delle sue tesi, concetti di meccanica quantistica. In netta discontinuità con quanto precede sia per argomenti trattati che per stile , questa sezione avrebbe meritato un saggio a se. Semplificando i concetti espressi la teoria ipotizza che la coscienza, fondamento dei più profondi meccanismi conoscitivi, sia proprietà immanente della natura alla stregua di spazio e tempo. Strutture complesse quali l'essere umano, sono a loro volta composte da strutture più semplici anche esse però dotate di coscienza e libero arbitrio. Il tutto è in continua interazione con le strutture circostanti. Si ha vita quando le coscienze delle strutture basiche sono unite in modo coerente a formare un ente cosciente di livello superiore dotato pertanto di una propria consapevolezza.
Non vado oltre. Ammetto di aver perso più volte il filo del ragionamento e dei suoi sviluppi ontologici. Aggiungo soltanto la consolante conclusione cui giunge la teoria riguardo un punto chiaramente caro all'autore: qualsiasi macchina (sistema incoerente e dunque privo di coscienza), fosse pure dotata della più sofisticata intelligenza artificiale, non giungerà mai a sostituire l’uomo (sistema coerente e dunque cosciente). Infatti macchine ed esseri umani hanno sostanza intrinseca qualitativamente differente. La coscienza umana consente processi conoscitivi del tutto inaccessibili ad una macchina.
Su questo conclusione non posso che trovarmi d’accordo non fosse altro che per allontanare tetri pensieri di una civiltà futura che lascio volentieri a film di fantascienza alla "Blade Runner".
Indicazioni utili
Ovviamente consigliato ad appassionati di tecnologie ed elettronica