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Sette brevi lezioni di fisica
Con modi garbati ed esposizione brillante intessuta di citazioni soprattutto shakespeariane, l’autore – fisico di una certa fama che lavora, ovviamente, all’estero – riassume i progressi avvenuti nel suo campo d’azione durante il Novecento: si tratta di salti in avanti di tale portata che hanno smontato la visione dell’esistente che dominava alla fine del diciannovesimo secolo per costruirne una completamente nuova. Le prime sei lezioni prima analizzano le teorie fondamentali – la relatività, la meccanica quantistica – e poi ne descrivono le conseguenze sul modo di pensare l’estremamente grande (ovvero l’universo) e l’infinitamente piccolo (la struttura ultima della materia). Le spiegazioni dell’autore si sforzano di essere semplici perché vogliono solo dare un’idea generale evitando le implicazioni, ma non sono comunque semplicistiche, così che alcuni paragrafi vanno letti con attenzione (o, nel caso, riletti) per non perdere il filo del ragionamento e riuscire a seguirne anche i passaggi successivi che, spesso, consentono di coglierne il senso complessivo. Così il libro sì rivolge sì ai principianti assoluti, ma è necessario che il lettore abbia voglia di fare lo sforzo indispensabile per entrare nella dimensione mentale di una materia comunque complessa che, inevitabilmente, va a toccare argomenti ai limiti dell’astrazione e che si avvicinano a quesiti su ciò che esiste di ispirazione metafisica. La ricerca si è spinta molto in là e, anche se le teorie attuali dovessero essere quelle definitive, sono ancora molti gli aspetti da portare alla luce: questo continuo desiderio di sapere è posto in evidenza dall’ultima, bellissima lezione che dimostra come la conoscenza può far progredire l’umanità e trovare un senso davvero solo quando la scienza si combina all’umanesimo. Si tratta di un percorso continuo che ha portato dalle scimmie ai quanti e che conclude il libro dandogli un senso di completezza che va bel al dilà del brillante bigino di fisica contemporanea.
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Commenti
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Tuttavia, in generale, rimango sempre piuttosto perplesso da questo genere di "esperimenti editoriali". Infatti il rischio, a mio avviso, è quello di semplificare eccessivamente, scrivere in maniera un po' troppo didascalica senza spiegare bene il perché delle cose in quanto si rischia di non farsi capire.
Ad es. nel libro viene introdotto il concetto della relatività del tempo per cui, anche se in maniera infinitesimale, l'autore scrive che in montagna il tempo scorre più rapidamente rispetto che in pianura, senza però spiegare il perchè di tutto questo limitandosi ad affermare un principio fisico.
Ribadisco che è una mia opinione e comunque nulla voglio togliere al libro in quanto tale :)
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Ferruccio