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Astenersi ipocondriaci
“Il corpo segreto” di Vittorino Andreoli è un’opera eterogenea che tratta distintamente tre momenti.
LA SCOPERTA
Il narratore si accinge a tenere una conferenza sul corpo malato (“Malato è un aggettivo drammatico, ha come radice male e si riferisce a un corpo che ne viene invaso. E male si contrappone a bene”): un argomento che è sinistro presagio del dramma incombente (“Rimane strano che, durante una conferenza sul corpo malato, io non solo mi fossi ammalato, ma avessi addirittura rischiato di lasciarci le penne”). Dopo una notte trascorsa nella prestigiosa suite Raffaello della Residenza Paolo VI, dopo lo svolgimento della concione all’ Ara Pacis Augustae e il successo mietuto tra il pubblico, quando giunge il momento della cena di rappresentanza, la malattia si manifesta inaspettata e improvvisa: “Si tratta di una gigantesca emorragia”…
LA DEGENZA
Nella seconda parte, l’autore affronta sofferenze, ansie e patemi esternando con garbo pensieri umoristici (“Non potevo muovermi perché ero come il Cristo del Mantegna…”) e paradossali (“A questa tortura da Inquisizione fui sottoposto durante un’ecografia della prostata. La liturgia demoniaca incominciò…”), insofferenze (“Un’altra asta, da inserire sempre nello stesso posto”) e timori (“Nella mia mente mi aveva ricordato la trivellazione nel Mare del Nord alla ricerca dell’oro nero”), alternati a considerazioni serie sui rapporti di amicizia, sugli affetti familiari (“Ho dato a Silvia l’inimmaginabile, ma è come se a lei non fosse arrivato nulla, anzi come l’avessi privata di qualcosa”), sulla precarietà della vita umana. Nella meravigliata attestazione che la malattia può colpire una parte da sempre ignorata e vilipesa “nella coerenza di una lontana educazione che considerava sconcia l’area in cui si collocava la mia malattia”.
LA CONVALESCENZA
La terza parte del romanzo è dedicata alla convalescenza. Arriva il momento della rinuncia alla vacanza scozzese a Inverkirkaig, nella casa tanto amata sul mare, a contatto con la natura selvaggia, con la dorata solitudine di luoghi impervi e di relazioni essenziali. Ma dall’impossibilità di coronare il proprio sogno di vacanza nascono nuovi stimoli e la scoperta di una località altrettanto affascinante, più a portata di mano: sul lago di Garda, a Punta San Virgilio presso il conte Agostino Guarienti di Brenzone.
Bruno Elpis
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Commenti
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@ Laura e @ Sara: io, proprio io, sono l'ipocondriaco del titolo! Ogni tanto decido di farmi del male (i latini la chiamavano voluptas flendi)... come potevo pensare di valutare in piacevolezza un argomento simile? :-)
@ Francesca: hai ragione, ogni dramma può essere ridimensionato da una tragedia superiore. Però l'autore affronta il suo tumore alla prostata con ironia e anche con un certo garbo, e forse contribuisce a sdrammatizzare il tema. Mi piace immaginare un mondo ove ammalati di ogni tipo (affetti dal male del secolo, cardiopatici, e tutti gli altri) abbiano aspettative di vita tali che una diagnosi non suoni più come una condanna a morte... se solo le risorse sprecate per gli armamenti (tanto quelle destinate alle milizie ufficiali, quanto quelle devolute ai terroristi) venissero convertite nella ricerca scientifica! :-)
Grazie a tutti per i vostri commenti, attribuiscono sempre valore aggiunto a quello che si scrive, gettando luce sui coni d'ombra delle nostre egotistiche riflessioni personali. Ciao! :-)
volevo porti la stessa domanda di Emilio, ma hai già risposto a lui in maniera netta...
quindi siamo di fronte ad un Andreoli più narratore che professore
Ciao!
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