Dettagli Recensione
Puoi guarire la tua vita
Solitamente, recensisco su questo sito opere di narrativa. Oggi però voglio dedicare qualche minuto al libro che – sembra esagerato ma è così – ha avuto il potere di cambiarmi la vita o, se non altro, di indirizzarla verso una nuova consapevolezza. Da quando l’ho letto, nell’estate 2010, ho intrapreso un percorso finalizzato a lavorare su quanto emerso da questa lettura e devo ammettere di essere riuscita a togliere – se non del tutto almeno in buona parte – quelle maschere che per molto tempo mi hanno impedito di essere una persona libera.
Questo libro può partire da due presupposti diversi, uno metafisico e l’altro scientifico. Chi crede nella reincarnazione e nel karma, può pensare che ciascun individuo ha sviluppato queste ferite nel corso delle precedenti vite, e sia tornato sulla terra per riviverle e risolverle una volta per tutte. Ma chi si muove da una prospettiva puramente psicologica, non avrà difficoltà a collocare l’origine del male interiore nell’interpretazione che il singolo individuo da a determinate esperienze vissute nell’infanzia. Sebbene esse possano fare riferimento ad episodi più o meno significativi, le ferite che ne scaturiscono possono condizionarci per tutta la vita.
L’esempio classico è quello del bambino che, per la prima volta, viene portato all’asilo: può sentirsi abbandonato dai genitori, oppure tradito. Lo stesso episodio può dare origine a ferite differenti, oppure a nessuna. Ciò dipende dal bagaglio che il singolo porta con sé, dall’educazione ricevuta e dalla propria elaborazione mentale.
Ciascuna ferita genera una maschera, ovvero una serie di comportamenti ripetitivi che ciascuno di noi mette in atto per proteggersi, per evitare di rivivere quel determinato dolore. Anche il corpo si adegua alla ferita ed assume fattezze che ne riproducono le caratteristiche.
Chi ha una ferita da rifiuto, ad esempio, assumerà i modi tipici del fuggitivo: per paura di essere allontanato, tenderà ad isolarsi, alienarsi e chiudersi in se stesso. Il suo corpo di conseguenza tenderà ad occupare meno spazio possibile, ad essere minuto ed evanescente. Il “rigido” (ferita da ingiustizia) spesso è maniacale nella cura del proprio aspetto, ossessionato dall’ordine, dalla dieta e da altre stronz…ehm… stupidaggini affini.
Le ferite possono svilupparsi anche contemporaneamente e condizionarci nel modo di parlare, di mangiare, di lavorare, di relazionarci con gli altri … possono essere più intense nel corso della vita, oppure sparire del tutto. Ma ciascuno di noi in qualche modo è coinvolto in questo gioco della mente.
E come si guarisce?
Se ve lo dico, che senso ha leggere il libro?
Solo una piccola indicazione: là dove c’è la ferita, c’è una mancanza di amore. L’amore può esserci stato negato da altri, oppure da noi stessi. Ma quella – insieme alla capacità di perdonare e perdonarsi – è l’unica cura possibile.
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Ciao.
Gin.
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