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"Ricucire la vita" di Ugo Riccarelli - Il commento
Ugo Riccarelli, autore che ha vinto il premio Strega nel 2004 con “Il dolore perfetto”, dimostra con un romanzo-saggio di grande interesse umano come sia possibile “Ricucire la vita”.
Il testo è dedicato all’ISMETT di Palermo, centro specializzato in trapiantologia (e non soltanto), che costituisce un centro di eccellenza chirurgica e scientifica nel difficile tessuto socio-economico della nostra splendida Sicilia.
L’autore si era già occupato della sua personale esperienza, di doppio trapianto di cuore e polmoni, nell’opera “Le scarpe appese al cuore” e, quasi suo malgrado, decide di riprendere il tema del dramma umano, esistenziale e sanitario che i trapiantati devono vivere: “La strada che mi ha portato alla malattia e poi alla guarigione, e infine alla lotta per mantenere la salute così faticosamente raggiunta, è una strada complessa, a suo modo esaltante e terribile insieme, una cosa con la quale convivo tuttora e che, forse proprio per questa sua attualità, mi ha sempre tenuto un po’ distante dagli inviti a darne pubblicità, a raccontarne le tappe …. come spesso capita ai reduci …”
Il centro ISMETT nasce da una partnership internazionale con l’UPMC, centro all’avanguardia di Pittsburgh, Pennsylvania: operativa dal 1999, la struttura sanitaria ha sempre incrementato e migliorato la propria attività. Costituendo, in Sicilia, un punto di riferimento per italiani che, già condannati al calvario da gravi malattie, non sono più costretti a espatriare per ricevere cure e interventi chirurgici. Il centro rappresenta inoltre per l’economia locale un importante polo di occupazione e per la ricerca scientifica un punto di accumulazione di studi e di esperienze.
E pensare che, l’arte medica del trapianto è nata da un’intuizione straordinariamente elementare del giovane medico Alexis Carrel: impressionato da un attentato illustre (quello al presidente francese Carnot, che fu accoltellato al fegato), constatò che la morte del politico avrebbe potuto essere evitata con una buona sutura vascolare e quindi si recò … da mademoiselle Leroudier, una brava ricamatrice di Lione e da lei apprese “i segreti dei punti dati con l’ago sui tessuti”.
Dall’anedottistica raccontata con tutti i crismi della buona letteratura, la storia del centro siciliano – è facile intuirlo – passa attraverso la narrazione di vicende umane ed emozioni, nelle quali il tempo (tempo trascorso con speranze e delusioni nelle lunghe liste d’attesa, tempo come evento cruciale dal momento dell’espianto dell’organo da trapiantare, tempo per verificare l’efficacia delle ciclosporine nella fase di rigetto …) è una variabile determinante.
Argomenti difficili da trattare senza scadere nella retorica, se non per chi, come l’autore, ha sperimentato sulla propria pelle al tempo stesso la complessità dei sentimenti e la semplicità di una verità: “racconti che ci ricordano come sia prezioso il vizio di vivere, di avere la possibilità di compiere quelle cose banali che finalmente, attraverso la malattia e la guarigione, abbiamo adesso re-imparato ad apprezzare, quasi in una sorta di nuova e infantile verginità.”
Per scongiurare il rischio del pietismo, la sapiente penna di Riccarelli si avvale di molte metafore. Ad esempio, quella del ‘meccanico’ che ‘cambia il pezzo’: “La prima, semplicistica immagine che mi balza agli occhi è quella di tipo funzionale, un po’ da officina per intendersi.” Salvo ovviamente constatare che “un cuore, un fegato, un rene, ovviamente, non hanno la stessa natura di uno spinterogeno, di una biella o di una candela”. O la metafora agricola: “Per fare spazio al cuore nuovo, si deve preparare medicalmente la sede” come il contadino prepara il terreno che deve accogliere una semina o una pianta nuova.
Accanto alla pagine più tecniche – quelle che illustrano l’attività e l’evoluzione della stessa nel centro medico – vi sono i drammatici passaggi che affrontano il terribile e sconvolgente paradosso che è alla base del trapianto: “C’è la mia vita e la mia morte, certamente; ma c’è anche la morte di un altro, nel mio caso un ragazzo inglese di sedici anni, la fine della cui vita, della sua vita, ha dato inizio ad altre storie e ad altre vite”. O, come rilevano gli psicanalisti: “C’è la sottile problematica della sopravvivenza legata alla morte di qualcun altro …” Circostanza questa che in fondo pone, come rileva l’autore, il medesimo interrogativo che Primo Levi (“I sommersi e i salvati”) attribuisce al sopravvissuto dal campo di concentramento “Perché io?”
Anche se l’esperienza di Riccarelli è del tutto particolare, in quanto i suoi organi espiantati sono stati a loro volta trapiantati: “Questa doppia condizione di donatore e ricevente mi aiuta a convincermi di quanto ogni persona dovrebbe rendersi conto del posto che occupa rispetto agli altri.”
Dunque una bella storia: di speranza, di successi e di vibrante umanità, che può aiutarci nell’attuale contesto di sfiducia, difficoltà e dilagante pessimismo, quello nel quale oggi, nostro malgrado, viviamo tutti noi, compreso …
… Bruno Elpis