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UN POPOLO E IL SUO PONTE
Un ponte maestoso quanto imperturbabile assiste impassibile alle umane vicende di un multietnico popolo di frontiera. Le illogiche violenze della guerra, le vane passioni umane e i convulsi mutamenti sociali durante i cinque secoli del racconto, non turbano il fluire del fiume che scorre senza scalfirlo sotto le sue possenti arcate.
Il ponte è l'unico vero protagonista del romanzo. Alla sua solidità si contrappongono le vane tribolazioni di una moltitudine di personaggi, i quali, piccoli frammenti impazziti di una realtà immutabile, si affannano pateticamente in una quotidiana battaglia dell'esistenza. In un paese che non conosce pace, il ponte ora unisce ora divide e vinti e vincitori si succedono nelle alterne vicende della Storia.
Il ponte è quello di Visegrad, alla frontiera tra Bosnia e Serbia. Nei secoli, una popolazione di serbi ortodossi, ebrei sefarditi, musulmani bosniaci e turchi ottomani convive in un improbabile quanto stabile equilibrio. Dopo secoli di dominio turco, l'intera regione passa sotto l'impero austro-ungarico aggiungendo al melting-pot balcanico la presenza cattolica. Ai vecchi oppressori ne subentrano di nuovi. All'inerzia ottomana si sostituisce l'incomprensibile frenesia degli efficienti ufficiali teutonici. In fondo però né gli uni né gli altri riescono a incidere profondamente sul carattere della popolazione, la cui natura multietnica appare impermeabile alle contaminazioni delle culture dominanti. Imperturbabili come il loro ponte, i cittadini di Visegrad, a qualunque etnia appartengano, restano ancorati a tradizioni secolari e appaiono refrattari ai cambiamenti e alla modernità.
Le pagine migliori sono quelle che restituiscono il carattere di un popolo fiero, ostinato, forse un po' anarchico di fronte agli stravolgimenti della storia.
Penso alla scena, straordinaria per crudezza e potenza visiva, del sabotatore pubblicamente impalato e a quella successiva in cui la comunità ritrova, nel mesto cerimoniale della sepoltura del malcapitato, il coraggio e l'orgoglio identitario.
Assai riuscite anche le vivide pagine in cui si descrive quella fauna da osteria composta da perditempo avvinazzati ora malinconici ora gaudenti, a volte derisi piu' spesso irridenti.. Ancora, nel capitolo della grande alluvione, memorabile è l'incontro di iman, pope e rabbino che responsabilmente discutono sul da farsi, annullando le divisioni di fede nel segno del reciproco rispetto e della ricerca del bene comune.
Giustamente celebre, Il ponte sulla Drina è un romanzo corale il cui valore trascende quello puramente letterario. È un grandioso affresco sociale, opera di uno scrittore profondamente consapevole e intimamente intriso della cultura del suo popolo.
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Commenti
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buona lettura allora
Spero ti piaccia !
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