Dettagli Recensione
In Romania nel 1940
Harriet e Guy si sono sposati da poco in Inghilterra e stanno raggiungendo in treno Bucarest, dove Guy insegna inglese all’Università. Siamo nell’autunno del 1939 e la Germania ha appena attaccato e invaso la Polonia.
I coniugi Pringle rimarranno in Romania durante quei mesi frenetici e drammatici per la storia dell’Europa e del mondo, trascorrendo le loro giornate tra le attività all’Università, le conversazioni nei bar e i pranzi e le cene nei ristoranti più o meno di lusso, feste e spettacoli teatrali che riuniscono la società autoctona e quella straniera.
La narrazione è in terza persona ma filtrata secondo il punto di vista di Harriet. È attraverso lo sguardo della giovane che anche noi possiamo osservare la capitale rumena nei delicati mesi che vanno dall’autunno del 1939 fino all’inizio dell’estate del 1940. Possiamo conoscere i personaggi che popolano il mondo intorno ai coniugi Pringle, dagli intellettuali inglesi amici e colleghi di Guy, a personaggi a dir poco singolari come Yakimov, un inglese di origini russe dell’alta società ormai decaduto e impoverito, ai rumeni, come appaiono ad una ragazza inglese emigrata in quel luogo nel 1940. L’occhio di Harriet è acuto, sa cogliere e osservare la realtà che la circonda. Nel romanzo sono riportati gli stati d’animo, le vicissitudini, le emozioni e i sentimenti della donna; Manning racconta tramite Harriet la vita in un Paese straniero, le preoccupazioni per la guerra, la conoscenza approfondita del marito, che non c’era stata prima del matrimonio, l’esplorazione di una interiorità che si svela al lettore attraverso descrizioni si situazioni e scarne ma lampanti frasi di commento.
Il racconto di Manning non vuole sviscerare e approfondire motivazioni o dilungarsi sulle cause dei problemi: è più simile a una narrazione per immagini – in effetti l’autrice aveva una formazione alla Portsmouth School of Art come pittrice- suggestivo, dettagliato, nitido, in cui è semplice entrare e è facile comprendere.
« […] Guy entrò di corsa dietro di loro. A causa della lite di quella mattina, per Harriet fu come vederlo con occhi nuovi: un uomo disinvolto dotato di un’ampiezza di vedute e di un’imponenza fisica e mentale disarmanti. La sua stazza le dava l’illusione di sicurezza, poiché quello era, e Harriet se ne rendeva ormai conto: un’illusione. Guy era un porto che si era rivelato troppo poco profondo: non c’era modo di entrarvi. Per lui, i rapporti personali erano accessori. La sua realizzazione risiedeva nel mondo esterno.»
“La grande fortuna” di Olivia Manning è stato pubblicato in Inghilterra nel 1960 ed ora Fazi ce lo ripropone nella traduzione italiana. È il primo volume della trilogia dei Balcani. Non vedo l’ora di leggere anche i prossimi!