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Non entusiasmante
“Il padrone diceva che l'unica cosa più pericolosa di un negro con la pistola è un negro con un libro in mano.”
Un po’ deludente questo romanzo di Colson Whitehead. Forse le mie aspettative erano troppo alte dopo aver letto I ragazzi della Nickel. E’ avvincente e avventuroso di sicuro, forse però sarebbe stato più azzeccato intitolarlo “Le avventure di Chora”, perché di questo alla fine si tratta.
Giovane schiava nella Georgia del 1800, Chora, rimasta senza madre perché fuggita prima di lei e mai ritrovata, vive cercando di difendersi in una vita fatta di violenza e sopraffazione. Si lascia attrarre dal sogno di fuga di un altro giovane schiavo che le parla della ferrovia sotterranea, una rete ferroviaria appunto che serve agli schiavi in fuga per rendersi invisibili. Non manca poi il desiderio di cultura da parte di una popolazione nera tenuta volutamente nell’ignoranza.
Il viaggio di Chora verso la libertà, inframmezzato da catture, nuove fughe e violenze di ogni genere, è la sostanza di questo romanzo che si conclude con l’ennesimo tentativo di fuga del quale non conosciamo l’esito.
A parte qualche divagazione che ne rallenta il ritmo per il resto il racconto è piacevolmente avvincente ma nulla di più. La violenza non manca nella sua descrizione più cruda, esercitata verso i neri e verso i bianchi che li aiutano. Impiccagioni, stazioni della ferrovia devastate, case incendiate. I cacciatori di schiavi sono spietati e interessati solo al denaro che possono ricavare dal loro lavoro.
L’autore ci ha sicuramente lasciato un manifesto di denuncia sociale nel quale i buoni sono nettamente e chiaramente diversi e separati dai cattivi, nel quale la libertà è intesa nel suo senso primordiale e pieno, che non lascia dubbi sulla parte dalla quale occorra stare.
Eppure, nonostante i buoni ingredienti, al romanzo manca qualcosa. Sicuramente non si riesce ad empatizzare con la protagonista con la quale, se non per i principi, non si riesce a lasciarsi coinvolgere fino in fondo. La scrittura non impressiona, non aggiunge e non lascia nulla al lettore. Alla fine il romanzo risulta ripetitivo perché nulla di completamente nuovo arriverà a modificare la sostanza della vicenda.
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