Dettagli Recensione
Quale definizione di se’?
“ L’ Aria innocente dell’ estate “, romanzo del 2018 della scrittrice inglese Melissa Harrison, ambientato nella campagna inglese degli anni ‘ 30, narra in prima persona le vicende della quattordicenne Edith Mather che vive con la famiglia in una fattoria.
Edith è una strana creatura, ama leggere, non apprezza la compagnia dei coetanei, parla con gli alberi, li consola della loro solitudine, estranea alla flemmatica praticità della sua famiglia.
Quale abisso tra la solitudine che sente e che mostra, l’ amore per la sua famiglia è realtà o finzione? Spettera’ a Constance Fitzallen, giovane donna sola che indossa i pantaloni, una londinese dallo strano linguaggio trasferitasi in campagna per compiere uno studio su usanze locali, tradizioni popolari, artigianato, termini dialettali, ricette, a indurla a scrutare il suo piccolo mondo dal di fuori, considerandolo degno di nota e in evoluzione.
Una fattoria che esprime il mondo di Edith in toto, bellissimi squarci bucolici, stagioni scandite dalla semina e dal raccolto, una terra amata, la sola conosciuta, la certezza che a quattordici anni vorrebbe contare qualcosa di più nel mondo.
E qui che Constance si svela, tratti inusuali per l’ epoca, carattere forte, idee chiare non sempre condivisibili, una donna che vorrebbe preservare e tramandare una certa tradizione bucolica inglese, accogliere la tradizione escludendo il progresso.
Edith ne è affascinata e a lei si sente vicina mentre naviga controcorrente all’ interno del proprio lessico famigliare, lo scorrere delle stagioni le consegna una nuova dimensione di se’, un tira e molla con i propri cari, la ricostruzione delle origini, quale presente e futuro a lei riservati, paventando una condizione di povertà.
La protagonista vive l’ abitudine negli occhi dei suoi cari, in Constance invece si vede riconosciuta, legittimata, ascoltata, reale, interessante, scoprirà anche dei tratti nascosti di se’ e un corpo a cui non ha mai dato importanza, sempre e solo definita dalla sua testa.
Constance intanto si informa, prende appunti, parla di un’ Inghilterra che è tradizione e storia, comincia a scrivere e a pubblicare di vecchie usanze, vorrebbe preservare l’ antico sistema di vita del villaggio. Dopo soli due mesi è bene accetta dalla comunità, superando la diffidenza e facendosi amare, dotata di un fascino magnetico, convinta delle sue opinioni e che la schiera dei suoi lettori cresca.
Eppure anche lei nasconde altro, non è quello che sembra, ha dei detrattori, il successo può dissolversi quando riemergono porzioni della propria storia e accuse infamanti accompagnano la sua idea di un Ordine di piccoli possidenti Inglesi, un movimento di stampo fascista con idee nazionaliste, antisemite, xenofobe, protezioniste, secessioniste.
Nel mentre Edith è scossa da un continuo rimuginio personale e famigliare, da una neo definizione di se’, chiedendosi se rimanere lì per sempre, tra la stessa gente, facendo le stesse cose, anno dopo anno, fino alla morte.
E anche per lei, come per Constance, ci sarà un futuro incerto, lasciando intendere una sensibilità particolare e una certa fragilità mentale .
Il romanzo di Melissa Harrison è percorso da un’ intensa vena naturalista, una scrittura delicata e dettagliate della campagna inglese e delle proprie attività e tradizioni agricole.
Tutto il resto, l’ educazione sentimentale di Edith, le relazioni interpersonali, le aspirazioni paiono piuttosto fragili e controverse e il rapporto con Constance, che nella prima parte lasciava presagire altro, si va spegnendo facendosi cammino solitario di una protagonista smarrita e piuttosto instabile con un finale affrettato e poco invitante abbandonato a un senso di vuoto temporale e di incompletezza.
Nel complesso un testo piuttosto convincente nella forma ma incerto nella trama e nei contenuti, per questo non completamente assolto.