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Copertina approvata da Elios
Dopo l'esperienza di lettura non proprio entusiasmante de "La canzone di Achille", ammetto che ero un po' restia a recuperare altro di Miller, nonostante i suoi libri siano osannati dai più. Una copia acquistata all'usato di "Circe" mi aspettava però sullo scaffale della libreria; un po' per questo, ma anche perché vengono spesso definiti come due romanzi molto diversi tra loro, ho preso coraggio ed iniziato questo famosissimo retelling mitologico.
Il volume vuole essere una sorta di racconto di formazione, per quanto possa apparire bizzarra una definizione simile applicata ad una divinità immortale. Seguiamo infatti la titanide dalla sua infanzia nella dimora del padre Elios fino all'esilio sull'isola di Eea, passando attraverso le storie più o meno celebri di cui è protagonista, ma anche alcuni aneddoti che l'autrice sceglie di associare alla sua figura, collegati in particolare al fratello Eete ed alla sorella Pasifae. In questo modo la cara Madeline riesce a rendere più sostanziosa ed elaborata una narrazione altrimenti monotona, e questo è uno dei maggiori pregi del romanzo.
Un altro aspetto che ho apprezzato è il coraggio di mostrare una protagonista patetica ed insicura: Circe è decisamente lontana dal concetto comune di entità divina, e la narrazione permette di capire molto bene le ragioni per cui lei sia senta tanto simile ai mortali. Attraverso la sua protagonista, l'autrice riesce a trattare in modo accurato anche la sindrome dell'abbandono e la discriminazione di genere, che porta inevitabilmente a parlare anche di violenza fisica ed abusi psicologici; va precisato che Miller sceglie di glissare sui momenti più crudi, rendendo il testo accessibile un po' a tutti.
Per mio gusto personale, sono stata poi sollevata dallo scoprire che non si trattava di una storia d'amore; sembrerà magari un'osservazione acida anziché un complimento, ma preferirei di gran lunga rileggere le miserie nella vita di Circe piuttosto che affrontare nuovamente la relazione tossica spacciata per grande amore tra Patroclo e Achille. Un elemento sul quale rimango indecisa è invece lo stile, perché da un lato lo trovo scorrevole e facile da affrontare, ma dall'altro sono rimasta interdetta di fronte ad alcune metafore: non riesco ancora a capire cosa voglia rappresentare di preciso una serpe di un tempio sulla sua ciotola di panna.
Anche l'intento dell'autrice rientra tra gli aspetti che non mi convince appieno. Voleva chiaramente raccontare le motivazioni ed i sentimenti di una figura nota soprattutto per le sue azioni malvagie, però credo che un'operazione simile nel contesto del mito greco sia insensata: a differenza delle fiabe, in cui i ruoli di buono e cattivo sono decisamente netti, nella mitologia non ci sono personaggi totalmente positivi o negativi, motivo per il quale sono diventati spesso protagonisti di tragedie celebri nelle quali si trasformano da vittime a carnefici a seconda del contesto. Il romanzo vorrebbe anche trasmettere un messaggio femminista, peccato che Circe sia l'unico personaggio femminile a venire valorizzato e mostrato in un'ottica positiva: tutte le altre personagge sono descritte come stronze, vanesie ed indolenti, con un'eccezione che da sola non riesce a compensare una sensazione diffusa di acredine tra donne.
L'altro grosso difetto di questo romanzo riguarda il lato fantasy, perché nonostante la protagonista sia una maga, tutto ciò che riguarda la magia è approssimativo e spiegato spesso per metafore. L'elemento fantastico ha inoltre un efficace funzione paraculo, specialmente per quanto riguarda le informazioni fornite dalla narratrice in prima persona: mi sono soffermata più di una volta a chiedermi come facesse Circe ad avere determinate conoscenze, e posso attribuire unicamente alla magia la sua conoscenza del centimetro -che come unità di misura verrà adottata alla fine del Settecento-, della molla (ideata soltanto nel Rinascimento) o del pedigree, un termine inglese derivato dal francese e risalente al 1400. E cosa dire dell'achillea, pianta così chiamata in onore dell'eroe greco da Linneo nel diciottesimo secolo? mi auguro si tratti un easter egg burlone dell'autrice, perché quando Circe la menziona nel testo per la prima volta, Achille non era neanche nato.