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Ma Dio dov’era
“Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo. (…)
Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia Fede.
Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere”.
“La notte” è un libro che andrebbe letto sempre, non solo il giorno della Memoria, così come tantissimi libri e tantissime testimonianze che i reduci dei campi di concentramento ci hanno lasciato nonostante i traumi di una esperienza che ha travalicato i limiti dell’umanità.
In essi si legge la trasformazione dei prigionieri sopravvissuti in larve e i carnefici in macchine senza umanità, per non parlare dei poveri cadaveri straziati e abbandonati.
Leggere questi libri è una esperienza sempre difficile da vivere, perché si prova vergogna per la propria specie e si prova paura e orrore: è la verità su quanto male possano fare gli uomini ai propri simili in mezzo alla complicità o all’indifferenza.
La Shoah è un esempio universale sempre valido e, se pur non si è forse più ripetuta una strage di quella portata, sappiamo però che noi uomini siamo in grado di toccare un fondo impensabile e inimmaginabile e che la nostra mente e la nostra sensibilità sono fatti per accettare, con l’abitudine, a lungo andare, la violenza dell’uomo ai danni di un altro uomo.
Si dimenticano i legami più cari e più stretti per un tozzo di pane, si perde la vergogna, ogni valore morale di fronte alla paura di perdere la vita in un forno crematorio. Elie Wiesel, per fortuna, non dimenticò mai suo padre durante l’esperienza ad Auschwitz e a Buchenwald, nonostante la tentazione spesso provata di sentirlo come un fardello ormai inutile di cui liberarsi.
Perse dal primo momento la madre e la sorellina Zipporà che fu costretto a lasciare quando -prima delle famose “docce” - vennero separati gli uomini dalle donne, per non rivederle mai più.
Elie perse però un tesoro importante: sé stesso e la fede in Dio.
“La notte era completamente passata. La stella del mattino brillava nel cielo. Anch’io ero divenuto del tutto un altro uomo. Lo studente del Talmùd, il ragazzo che ero, si erano consumati nelle fiamme”.
Aveva soltanto dodici anni.
L’esperienza della deportazione in carri bestiame, dal villaggio di Sighet in Transilvania ad Auschwitz, della vista dei bambini e dei neonati cremati o fucilati mentre venivano lanciati in aria come per il gioco del tiro al bersaglio, la paura delle selezione, regolare e implacabile, le condizioni disumane in cui è vissuto insieme agli altri prigionieri fino al giorno della liberazione: questo è il contenuto del libro.
Abbandonati da tutti, abbandonati da quel Dio che non si stancavano di implorare, mentre Elie aveva ormai smesso di crederGli dall’inizio delle disumane vicende.
Il libro è molto breve, meno di cento pagine, ma atroci.
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