Dettagli Recensione
Nuvole, mito, fantascienza e leggenda
Meritatamente vincitore del Premio Pulitzer per la narrativa con “Tutta la luce che non vediamo” (classe 2014) nel 2015, Anthony Doerr torna in libreria con “La città fra le nuvole”, opera ambiziosa e con un fine e un disegno molto grande e chiaramente complesso da perseguire. Doerr, già riapprodato in libreria dopo il grande successo del Pulitzer, non sempre è riuscito a mantenere la stessa capacità empatica ma mai ha disilluso per temi o argomenti trattati. Ha saputo commuovere e coinvolgere ma anche far riflettere e meditare. Questo in ogni suo scritto. Che si trattasse di una raccolta di racconti o di un elaborato più strutturato.
Ed è proprio questa la forza di Doerr e cioè raccontare storie ambientate tra presente e passato senza troppa difficoltà. Come in “Tutta la luce che non vediamo” in cui eravamo negli anni della Seconda guerra mondiale ma anche in luoghi lontani come ne “Il collezionista di conchiglie” ed ancora di storie di vita quali in “A proposito di Grace” in cui David Wincler, cinquantanovenne, prendeva una decisione tale da cambiare completamente la propria vita. Storie di grande capacità contenutiva ma anche di grande attualità. Storie che ci riportano al nostro legame con la Terra.
“La città tra le nuvole” è uno scritto dalla mole importante e dalla grande ambizione, come anzidetto. Settecento pagine che sono costruite sull’impostazione di una serie di voci narranti tra loro incastonate e delineate al fine di realizzare un unico puzzle.
Le storie che si susseguono tra queste pagine toccano archi temporali più ampi ma toccano e abbracciano anche secoli così come luoghi completamente differenti e con l’aggiunta di una narrazione alternata. Il tutto sino a creare dei microcosmi e microorganismi che fondano generi e realtà diverse.
Conosciamo Konstance che vive su una nave interstellare in un viaggio di circa cinquecento anni verso un mondo completamente nuovo dove abbracciare la speranza di un nuovo inizio.
Zeno e Seymour si incontrano invece nell’Idaho di oggi. Zeno Ninis è un uomo di anni ottantasei residente nella ridente Lakerport, paesino dell’Idaho ed orfano di madre sin da piccolissimo ma anche di padre all’età di 9 anni. Poche le gioie che conosce, tra queste la lettura e il mito. Ha un sogno, Zeno. Un sogno che consiste nel mettere in scena una rappresentazione teatrale con i bambini del luogo e che vorrebbe che potesse avere quale protagonista “Nubicuculìa” di Diogene (romanzo inventato abbinato ad autore esistente, n.b.). Testo, questo, ritrovato nella biblioteca di Urbino nel 2019 e scritto in greco antico. Ed è qui che si narra di una meravigliosa città fra le nuvole e delle imprese di un pastore, Ètone, che pare averla raggiunta in forma di cornacchia. È la lettura dei classici greci che nel concreto è ciò che lo ha salvato. Da sempre.
Omeri e Anna si scrociano e incontrano, invece, nella Costantinopoli del 1453. Un mito lega le voci dei protagonisti realizzando un’opera che oscilla tra narrativa, romanzo storico e fantascienza. Il tutto alternando fatti realmente accaduti con altrettanti frutto della fantasia.
Cinque protagonisti (Konstance, Zeno, Anna, Seymour, Omeri) che costruiscono il disegno di Doerr con tutte le loro caratteristiche differenti. Quel che davvero contraddistingue lo scritto è il messaggio, un messaggio che ruota attorno alla lettura e alla sua capacità di renderci liberi quando questa è totalizzante e completa nel suo svilupparsi.
Un testo che quindi offre tanto nella sua costruzione e nel suo lascito, un testo che non manca di avere dei grandi punti di forza nel suo essere evocativo e pungente ma che tuttavia presenta anche dei punti di debolezza non indifferenti. Tra questi uno degli ostacoli più grandi è l’alternarsi non tanto e solo di lassi temporali quanto di voci narranti. Il lettore si lascia trascinare dal testo, si lascia incuriosire ma questo avvicendarsi costante e continuo alla lunga stanca, perde di forza onirica, rallenta la lettura. A ciò si aggiunge una costruzione permeata su troppe voci narranti che tra loro non riescono a mantenere di intensità coinvolgendo in modo maggiore (e in questi casi la lettura accelera) o minore (caso in cui subentra un rallentamento non indifferente dello scritto) il conoscitore che in parte perde di interesse. Si crea come una frammentarietà, una difficoltà intrinseca nel mantenere vivida ogni narrazione e per effetto, vi è la perdita di pathos e forza narrativa.
Nel complesso resta un libro meritevole di lettura, un esperimento narrativo che abbraccia tre filoni e con un messaggio di fondo davvero bello. Forse un po’ prolisso, forse alle volte un po’ dispersivo, ma da leggere e godere con tranquillità e serenità.
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Commenti
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Concordo sul fatto che risulti frammentario a seguito dei tanti filoni narrativi che insegue, ma io avevo considerato questa caratteristica come funzionale al tipo di storia che si voleva raccontare. Sicuramente Doerr si trova più a suo agio sulla distanza breve del racconto (vedi "Il collezionista di conchiglie"), ma, in fondo, anche questo romanzo altro non è che un intreccio di tanti racconti diversi, alcuni strettamente connessi, altri solo apparentati alla lontana.
Sottoscrivo il fatto che sia veramente evocativo e, forse, è proprio questa la caratteristica che più mi ha colpito.