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Storia indimenticabile di una storia dimenticata
Ero del tutto consapevole che avrei finito con il piangere leggendo questo romanzo, ma di certo non ero preparata ad affrontare una storia tanto forte da non concedermi neppure una pagina di tregua, tra un pacchetto di fazzoletti e l'altro. E nonostante le lacrime, non sono quasi riuscita a mettere per un attimo da parte "Figlie del mare", perché è una storia alla quale non si può rimanere indifferenti, che non ti permette mai di distogliere lo sguardo.
Ispirandosi a eventi reali e ai racconti della madre, Mary Lynn Bracht crea la storia di Hana ed Emiko "Emi", due sorelle nate sull'isola di Jeju e separate da giovanissime durante la Seconda Guerra Mondiale quando la prima viene rapida da alcuni soldati per essere deportata in Manciuria, dove sarà costretta a diventare una prostituta, mentre la seconda rimane con la famiglia e continua il lavoro come haenyeo (ossia una pescatrice subacquea). La narrazione segue due linee temporali distinte, pur ripercorrendo eventi che hanno luogo in momenti diversi del passato: la timeline di Hana si svolge negli anni Quaranta e quella di Emi nel 2011 anno in cui la donna, ormai anziana e malata, continua a tentare di scoprire cosa si successo alla sorella tanto amata.
Ovviamente il romanzo affronta tematiche a dir poco delicate, in primis legate allo stupro ed alla pedofilia, ma anche ad altre forme di violenza, alla dipendenza da sostanze stupefacenti e alle riflessioni sul suicidio. Di conseguenza, pur avendo adorato questo libro sono un po' titubante all'idea di consigliarlo con leggerezza. Va detto che l'autrice è molto brava nel trattare questi temi in modo rispettoso: pur avendoli analizzati senza troppi giri di parole, non tenta mai di renderli diversi da ciò che sono e non finisce mai per spettacolarizzare la violenza.
In questo lo stile è indubbiamente d'aiuto, essendo abbastanza semplice e diretto permette di leggere in modo scorrevole anche scene non facilmente digeribili. Un altro punto di forza è poi l'ambientazione, sia a livello dei luoghi descritti che di fedeltà storica; ho trovato questa parte del romanzo estremamente interessante e anche educativa perché, pur non essendoci un glossario, molti dei dettagli più inusuali per un lettore occidentale vengono chiariti nel testo. In generale, ho trovato affascinante leggere di una cultura e una mentalità così lontane dalla mia, soprattutto perché l'autrice ha potuto basarsi si informazioni di prima mano dalla comunità alla quale appartiene.
I personaggi sono forse l'elemento più riuscito in questa narrazione. Tutti risultano tridimensionali e i loro pensieri vengono analizzati con grande attenzione, soffermandosi in particolare sui loro momenti più difficili; per più versi mi ha ricordato "Tutto il nostro sangue" di Sara Taylor, ma senza una struttura così ripetitiva e senza dover dipingere tutti gli uomini come dei mostri per forza. Perché se è vero che ci sono personaggi che compiono azioni orribili in "Figlie del mare", questo comportamento non viene generalizzato a tutti i costi, finendo con il depotenziarlo, per assurdo.
A voler trovare un difetto in questo libro, si potrebbe dire che non abbia una vera e propria trama, perché la narrazione si limita a seguire la famiglia di Hana ed Emi nel corso di tre generazioni. Ma anche senza colpi di scena inaspettati, "Figlie del mare" è una storia capace di tenere incollati alle pagine e stupire con la sua forza gentile.