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Per riflettere sul senso dell'esistenza
Risulta sempre piacevole leggere un libro di questo meraviglioso autore mai banale, che scrive storie ricche di riflessioni che sedimentano nella mente del lettore per lungo tempo. Fin dalle prime righe questo romanzo attira l’attenzione perché Maugham si rivolge al lettore spiegandogli che scriverà un libro in cui non ha inventato niente ed il racconto della vita di Larry (nome di fantasia dato dall’autore per non svelare la vera identità di questo personaggio) è frutto dell’osservazione diretta dello scrittore che narra in prima persona quanto ha realmente osservato. E’ pertanto possibile affermare che lo stesso Maugham è co-protagonista di una storia nella quale, come lui stesso precisa, “L’uomo di cui scrivo non è famoso” ma le sue scelte di vita sono risultate così straordinarie e particolari che risultano degne di essere narrate.
“Difficile è il passo sul filo tagliente di un rasoio: così i saggi dicono che ardua è la via della salvezza”.
Questa sorta di “epigrafe” al libro sintetizza bene le scelte di Larry, americano di ritorno dalla Prima Guerra Mondiale che risulta profondamente cambiato dentro e che si pone l’obiettivo di avere risposte alle sue domande esistenziali: “Voglio farmi un’idea se Dio c’è o non c’è. Voglio scoprire perché esiste il male. Voglio sapere se ho un’anima immortale o se quando muoio è la fine”. Maugham non conosce Larry all’inizio del libro ma grazie alle sue frequentazioni nell’alta società entrerà in contatto con il ragazzo e con la sua futura sposa Isabel, rampolla di una ricca famiglia americana, e ne seguirà direttamente le vicissitudini.
Ed il valore aggiunto del romanzo sta anche in questa rappresentazione dell'alta borghesia a stelle e strisce del primo dopoguerra (ma che non disdegna l’Europa come meta turistica ove soggiornare), dedita ad incontri mondani, ottimista ed opulenta. Una società avida che punta ad accumulare denaro, che investe a mani basse nella borsa americana nei confronti della quale gode di una fiducia illimitata, ma che si troverà all’improvviso a dovere fare i conti con la crisi del ‘29 ed il crollo di Wall Street. Contrapposta a questa visione di un’America sprezzante e dalla forte propensione consumistica, che vede il lavoro solamente come un fine necessario per arricchirsi, per godersi la vita come ben delineato dalle parole di Isabel (“Voglio andare alle feste, voglio andare a ballare, voglio giocare a golf e cavalcare. Voglio avere dei bei vestiti”), si staglia invece la figura di Larry. Il ragazzo risulta avulso da questi meccanismi, attratto invece dai segreti dell’anima, perennemente alla ricerca di verità assolute e che sembra trovare risposte solo nelle filosofie orientali ed in particolare nella cultura indiana. A tal proposito le ultime 50-70 pagine del libro sono un concentrato di dialoghi serrati tra Larry e Maugham, che toccano argomenti che spaziano da Dio, alla trasmigrazione delle anime, fino al senso dell’esistenza e del creato e che da soli varrebbero la lettura di quest’opera: “….Quando l’Assoluto si è manifestato nel mondo il male era naturalmente correlato col bene. Non avremmo la stupenda bellezza dell’Himalaya senza l’inimmaginabile orrore delle convulsioni della crosta terrestre”.
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La scrittura dell'autore mi piace, ma dopo la delusione di "Il velo dipinto" vado un po' cauto.