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l'orologiaio
Siamo nel 1962: Emil, un sopravvissuto del campo di concentramento di Auschwitz si trova ad Amsterdam per partecipare a un torneo internazionale di scacchi. Qui incontra Paul, un vescovo dietro il quale si nasconde uno degli ufficialo che si doveva occupare della gestione del campo di concentramento dove era rinchiuso Emil. L'iniziale sentimento di repulsione verso i tedeschi in genere che secondo Emil non possono essere mai buoni, perché hanno consentito col loro silenzio che succedesse quello che è successo durante la guerra, pian piano si attenua e i due raccontano la loro versione della storia che in fin dei conti ha visti come protagonisti manipolati da altri. Al centro di tutto gli scacchi, usati da taluni come un ulteriore mezzo di sofisticata tortura e da altri come il modo di offrire una possibilità di salvezza. Si tratta nel complesso di un romanzo scritto bene, Facile da seguire nonostante la scelta sia quella di alternare racconti tra passato e presente. Al di là della scelta di immaginarsi che nel campo di concentramento fosse organizzato una specie di torneo di scacchi tra un ebreo e gli ufficiali tedeschi che non so quanto sia credibile, trovo invece credibile l'idea di torturare ulteriormente un prigioniero mettendo in palio per la partita la vita di un suo compagno. Si tratta comunque di un romanzo che offre parecchi spunti di riflessione anche sullo stato d'animo di chi stava dall'altra parte della barricata e magari ha tardato parecchio a rendersi conto di quello di cui era complice. In effetti compiangere chi era carnefice, perché aveva dei sensi di colpa, è qualcosa che ripugna. Questo romanzo aiuta però a inserire alcuni comportamenti criminali sotto una prospettiva diversa, ma evidentemente non basta a giustificarli o a spiegarli.