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Buio a mezzogiorno
 
Buio a mezzogiorno 2021-01-22 12:23:49 anna rosa di giovanni
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4.5
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anna rosa di giovanni Opinione inserita da anna rosa di giovanni    22 Gennaio, 2021
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lo stalinismo visto dall'interno

Oggi parlo di un romanzo secondo me imperdibile per chi ama la letteratura di idee e di storia: BUIO A MEZZOGIORNO di ARTHUR KÖSTLER (1905-1983), precisando innanzitutto che se c’è uno scrittore, anzi, più ampiamente, un intellettuale, che ha riflettuto filosoficamente e vissuto nella propria carne i disastri dei totalitarismi del ‘900, è proprio lui, come si può facilmente immaginare leggendo i seguenti dati biografici fondamentali:

1. A. KÖSTLER nasce a Budapest da una agiata famiglia ebraica fuggita dalla Russia zarista, la quale nei primi anni Venti emigra a Vienna,che fino alla Prima guerra mondiale faceva parte anch’essa, come Budapest, dell’Impero austro-ungarico; 2. attratto dal movimento sionista va in Palestina nel ‘26 (ha 16 anni!) (e il suo bellissimo LADRI NELLA NOTTE del ‘46 racconta la storia dei primi insediamenti ebraici in Palestina: le difficoltà, l’idealismo, le delusioni); 3. deluso dal sionismo, si trasferisce a Berlino, dove co-dirige un giornale e si iscrive al partito comunista; 4. data la situazione politica in Germania, nel ‘34 lui - ebreo e marxista - fugge in Francia dove continua a lavorare come giornalista; 5. trovandosi in Spagna come inviato speciale per seguirvi la guerra civile, viene arrestato e condannato a morte dai franchisti, senonché la diplomazia britannica riesce a ottenerne la liberazione; 6. torna dunque in Francia. Siamo nel ‘39 e le purghe staliniane ormai sono note a chi vuole prenderne atto: Köstler si dimette dal Partito comunista e scrive BUIO A MEZZOGIORNO, attirandosi le critiche di molti intellettuali (Gide no! Sartre non lo so) con conseguente crisi depressiva e tentativo di suicidio; 7. è sempre in Francia, scoppia la Seconda guerra mondiale e lui viene internato per alcuni mesi nel campo di transito di Le Vernet (da dove sono passati anche molti partigiani italiani, tra cui Leo Valiani e Luigi Longo) ; viene liberato e si arruola nella Legione straniera per sfuggire alle persecuzioni antiebraiche che ora hanno luogo anche nella Francia nazificata, e riesce così a raggiungere Londra, dove si stabilisce e lavora come scrittore fino alla morte, ... le cui modalità sono interessanti …

PRESENTAZIONE DEL ROMANZO. Nel manoscritto originale, ritrovato qualche anno fa, esso era intitolato “BORISCIOV” dal nome del protagonista, vittima delle purghe staliniane della seconda metà degli anni ‘30, così come Salamov (1907-82), l’autore de I racconti della Kolyma (vedi commento di qualche settimana fa). Questi però sono i ricordi personali dei molti e lunghi anni di prigionia da lui vissuti nei campi di lavoro forzato nell’estremo nord-est dell’URSS, mentre Köstler ha un altro intento, che è fondamentalmente filosofico: racconta sì il destino di Borisciov, rivoluzionario della prim’ora, ma soprattutto si interroga (in modo per nulla pedante) intorno alla questione SE IL FINE GIUSTIFICHI I MEZZI, ovvero se la pretesa - perché non può essere che questo - di sapere qual è il bene “per l’umanità”, giustifichi che l’obiettivo sia perseguito anche schiacciando persino coloro che non condividono totalmente il modo di pervenirvi (nella pièce “Le mani sporche” del ‘48 Sartre si pone un quesito simile).

Tra le citazioni in epigrafe ai vari capitoli, mi sembra che la seguente, nella sua concisione, dica bene il concetto centrale: “NESSUNO PUÒ GOVERNARE SENZA COLPE” (SAINT-JUST).

TRAMA. K. racconta le ultime settimane di vita di Borisciov, un rivoluzionario della “vecchia guardia”, quelli della guerra civile del 1917-22, il quale ha dedicato quarant’anni anni della sua vita al “trionfo della rivoluzione”. La narrazione va dal momento in cui B. viene arrestato fino alla morte poche settimane più tardi, cioè vari interrogatori dopo, breve periodo durante il quale egli rievoca in modo estremamente vivido le situazioni in cui ha sacrificato al Partito persone che di lui si fidavano, provando un sentimento di colpa di cui solo il suo corpo prende coscienza, più precisamente i suoi denti, finché l’aspettativa della sua stessa morte non lo libererà dall’inganno di cui era stato complice e infine vittima.
Si potrebbe pensare che sia un romanzo di idee o a tesi, che non dia l’impressione della vita vera, e invece ci si affeziona a Borisciov al portinaio Vasilij a Riccardo a Nano Loewy alla Arlova a Rip van Winkle al “402” a Labbro Leporino, persino a Ivanov. Per niente a Gletkin, che come la figlia del portinaio Vasilij rappresenta la giovane generazione dei puri e duri prodotta dalla propaganda staliniana. Si è afferrati per la mente e per i cuore dalla penna di Köstler, che sa mettere in scena con un forte senso dell’azione teatrale i dibattiti tra Borisciov e l’interlocutore di turno, ma anche il dialogo interiore tra Borisciov e se stesso, il suo “compagno silenzioso” o la “finzione grammaticale”, cioè quell’io che il Partito rinnega in nome del “noi”, quello che finalmente trova voce nel diario che Borisciov scrive in cella.

LA PAGINA CHE SI VEDE NELLA FOTOGRAFIA. Il racconto delle ultime ore di Borisciov ricorda così straordinariamente l’ultima pagina de Lo straniero di Albert Camus (1942) che mi chiedo se Camus non lo abbia letto. E dunque, volendo scegliere una sola fra le innumerevoli pagine interessanti e ben scritte, metto a disposizione proprio la foto dell’ultima pagina di Buio a mezzogiorno (anche perché la copertina dell’ed. Mondadori è orribile), segnalando che laddove si parla di “mare” e “acqua” si fa riferimento, credo, al “sentimento oceanico” di cui – come dice Borisciov - parlano Freud e Rolland, cioè quello stato contemplativo o mistico in cui l’uomo si sente parte di un tutto che lo trascende, insomma quello espresso da Leopardi che ben conosciamo. Come L’étranger si smarrisce e trova conforto, prima di essere giustiziato, nel cielo stellato oltre le sbarre.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Dostoevski (e Il giardino dei cosacchi di jan Brokken), Salamov (I racconti della Kolima), Solzenicyn, ma anche le testimonianze dai lager nazisti o altri luoghi dell'orrore
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