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I fratelli Ashkenazi
 
I fratelli Ashkenazi 2020-04-16 06:18:17 Giulian
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Giulian Opinione inserita da Giulian    16 Aprile, 2020
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Ricco e documentato

È una saga familiare che interessa un periodo di circa un secolo. Come in ogni saga, i personaggi sono innumerevoli, forse anche un po’ troppi (quando si inizia un capitolo in cui viene introdotto un nuovo personaggio, il lettore può provare talvolta una certa insofferenza, poiché diventa difficile raccapezzarsi fra le tante figure, con la sensazione di aver raggiunto la saturazione). Comunque fra tutti i personaggi spicca Simcha Meyer, a mio parere il vero protagonista della storia. Persino suo fratello gemello, Yakob Bunim, a dispetto del titolo del romanzo ha un ruolo solo secondario: raggiunge la ribalta solo sul finale, mentre per tutto il racconto è solo l’alter ego di Simcha, le cui caratteristiche opposte a quelle del fratello servono per lo più a dare risalto a queste ultime.
Comunque tutti i personaggi di spicco del testo hanno un connotato comune: la totale dedizione verso un obiettivo, da raggiungere indipendentemente dalle conseguenze. Per alcuni è la completa consacrazione alla religione (ne è un esempio il padre dei due gemelli, Abraham Hirsh Ashkenazi, così devoto da diventare indifferente alle esigenze familiari o alle critiche altrui); per altri l’ amore, così forte da diventare morboso (come quello di Gertrude per lo zio Jacob); per altri la passione politica (vedasi Tevyeh e Nissan sul versante socialista; o Von Heidel-Heidellau sul versante opposto); per altri ancora, e specialmente per Simcha Meyer, il potere economico e capitalistico. In quasi tutti i casi questa abnegazione viene miseramente delusa e finisce in un nulla di fatto, trasmettendo un senso di amaro pessimismo.
Memorabili in questo testo sono le pagine di storia, veri e propri affreschi di vicende e periodi realmente accaduti: straordinario il capitolo sul pogrom di Leopoli (quello del 1918), bellissimo quello sull’inflazione che seguì la I guerra mondiale. In realtà tutto il libro può considerarsi un saggio storico dello sviluppo industriale polacco fra 800 e 900 e dell’apporto ad esso dato dalla comunità ebraica.
La religiosità ebraica come viene descritta è impregnata di formalismi, spesso di ipocrisia, tormentata da divisioni ed apostasie, percorsa da fierezze ed umiliazioni.
Comunque il libro è soprattutto una documentata narrazione dei soprusi, delle discriminazioni, delle persecuzioni subite dagli ebrei dell’Europa centro-orientale e in Russia molto prima dell’avvento di Hitler. La storia narrata nel libro cessa prima dell’avvento del nazismo e ciò fa capire come l’antisemitismo propagandato da Hitler avesse radici profonde e molto lontane.
La prosa di Singer è molto ricca, ridondante, spesso ripetitiva, ma chiara e scorrevole. Ho letto il testo nell’edizione Newton Compton: il fatto che mi sia costato solo 4,90 euro per 630 pagine non giustifica a mio parere i molti refusi tipografici (quelli che sfuggono ai correttori automatici); anche certi svarioni grammaticali (vedasi un “più infimo” a pag. 208) sfuggiti ai due bravi traduttori rivelano un lavoro affrettato da parte dei curatori editoriali, e questo non rende onore a un grande autore come Israel Singer.
Il libro è da leggere, anche se “La famiglia Karnowski” mi è sembrato più appassionante.

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Lucida analisi, Giulian, a me è piaciuto più della famiglia Karnowski, vero quello che dici sui refusi...
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