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Kiku-san. La moglie giapponese
 
Kiku-san. La moglie giapponese 2020-03-13 17:07:55 archeomari
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Stile 
 
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archeomari Opinione inserita da archeomari    13 Marzo, 2020
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La moglie in affitto

“Madame Chrysanthème” titolo originale di “Kuki -San” (Signora Crisantemo, appunto, in giapponese) è apparso in Francia nel 1887, ma Pierre Loti, ufficiale di marina e narratore di storie esotiche, lo aveva scritto durante il suo soggiorno, durato 36 giorni, a Nagasaki, due anni prima.
La storia è autobiografica, un vero diario di viaggio, in cui Loti descrive la sua esperienza giapponese, insieme all’amico fraterno Yves, in quella terra così lontana e così diversa, non solo geograficamente, dall’Europa.
Com’era usanza comune negli paesi del Sol Levante, gli ufficiali europei potevano sposare temporaneamente una ragazza del luogo, con approvazione dei genitori di lei, una musmé (cioè fidanzata). Si trattava di una compravendita vera e propria: una donna di piacere e di compagnia dietro compenso mensile. In termini meno romantici e brutali, che mi sovvengono al di là di ogni diplomazia, gli ufficiali si assicuravano una prostituta esclusiva, ottimizzando la promiscuità. E succedeva molto spesso, non solo nel Paese del Sol Levante.

Certamente il mio giudizio cinico risente sicuramente del fastidio provato in certi passaggi del libro, dal momento che il senso di superiorità e talvolta di disprezzo, verso una civiltà così lontana da quella dell’autore, mi ha urtata non poco.
Ho odiato le righe in cui senza alcun ritegno Pierre Loti, riferendosi agli uomini di rango giapponesi, li ha definiti brutte scimmie, le giovani donne delle bamboline artificiose,

“la sola cosa che amo di questo paese sono i bambini e i modi in cui vengono compresi”

Qualcuno per fortuna si salva, da questo racconto che, oltre ad essere innegabilmente affascinante, è sicuramente testimonianza di una percezione di forte lontananza tra due mondi, Europa e Giappone. Non generalizzo indicando Oriente ed Occidente, dal momento che Pierre Loti ha ricordi molto più piacevoli e nostalgici di Istanbul e della ragazza che frequentava lì.

Il “matrimonio a tempo” con Kuki-San lascia sin dall’inizio l’amaro in bocca, annulla ogni illusione sentimentale: l’incomunicabilità con la giovane, al di là della conoscenza abbastanza sufficiente della lingua da parte dell’autore, è troppo forte e gela ed amareggia il lettore che quasi prova simpatia per la piccola musmé, incompresa.
“Quando non c’è né disgusto fisico, da una parte, né odio dall’altra, l’abitudine finisce, malgrado tutto, con il creare una specie di legame...”

In effetti il legame creato dalle abitudini coinvolge lo stesso lettore, che quasi si affeziona alle pareti della loro casetta in altura, che devono raggiungere ogni sera, dopo essersi divertiti con amici alle case del té. Si ci abitua al pan pan pan che Kiku-San produce mentre sbatte la pipetta usata per fumare, al suo “hu” quando indica a Pierre una falena o un qualsiasi coleottero attirato di notte nella loro stanza illuminata dalle candele attorno al Buddha dorato.
Il Giappone con le sue piogge improvvise che sembrano paradossali in confronto alla fragilità della carta che invade le costruzioni, delle lanterne traforate e decorate con farfalle o pipistrelli, alla delicatezza delle decorazioni, il Giappone coi suoi colori, col suo “bizzarro ad a oltranza” è troppo lontano nel tempo, nello spazio e nelle emozioni di un Europeo di fine Ottocento.

“Dappertutto oggetti sorprendenti che sembrano incomprensibili creazioni di cervelli capovolti, rispetto ai nostri”, avremmo bisogno di -parole dell’autore- “una lingua più sofisticata della nostra; ci vorrebbe inoltre un segno grafico creato appositamente, da mettere a caso in mezzo alle parole, che indicherebbe al lettore dove scoppiare a ridere in modo un po’ forzato, ma tuttavia con freschezza e grazia “.
Il Paese dove l’eccesso di eleganza diventa finzione.
Un libro che consiglio, dallo stile immediato e scorrevole, con descrizioni mirabolanti e una prosa pungente, affascinante ed istruttivo sui costumi del Giappone tradizionale, “stupefacente patria di tutte le stramberie”

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Consiglio di leggerlo insieme ad Onnazaka, di Fumiko Enchi.
Segnalo inoltre la casa editrice O barra O che si occupa di narrativa e saggistica sulla tematica rapporti Oriente ed Occidente, con una veste editoriale che non passa inosservata.
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Commenti

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Un autore noto, ma a me sconosciuto. Una certa spocchia, però, che può provocare risentimento in molti lettori.
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archeomari
14 Marzo, 2020
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Ciao Emilio, assolutamente vero!
Ho letto tanto di Pierre Loti e sì, qui come altrove il suo senso di superiorità infastidisce. Del resto allora era prassi, certo è che le descrizioni di luoghi e societa' ormai scomparse sono preziosi.
E' un viaggio nel tempo per noi, ogni suo viaggio.
Mi segno Onnazaka che non conosco per quando tornera' la libertà, nella sinossi mi citano il Genji monogatari e io già sono in amore... :-)
In risposta ad un precedente commento
archeomari
24 Marzo, 2020
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Siiiiii! Io ho Onnazaka edizione Safarà, non so se la conosci, ha un taglio particolarissimo nella veste editoriale. La parte inferiore è obliqua così quando hai davanti il libro aperto, sembra che diventi una linea quasi ovale. Onnazaka è un libro bellissimo, uno dei romanzi giapponesi più importanti!
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