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Una storia atavica di emancipazione femminile
Tracy Chevalier, a vent’anni dalla uscita del suo maggior bestseller, La ragazza con l’orecchino di perla, torna in libreria con La ricamatrice di Winchester, un libro che affonda le radici in un passato differente dal presente, descritto con perizia e metodo.
La ricamatrice del titolo è una giovane ragazza di nome Violet Speedwell. Una giovane donna, considerata dalla società “una donna in eccedenza”, ovvero una signora che negli anni 30 in Inghilterra non è riuscita ad andare in sposa a chicchessia. In realtà lei un fidanzato l’aveva: Laurence, morto però in guerra. Lei, in cerca di indipendenza e in fuga da una madre alquanto burbera e pressante, che la giudica male in continuazione, trova lavoro come segretaria e dattilografa a Winchester. E’ un salto nel buio, e ha un prezzo da pagare in termini di sacrifici. Per cercare anche un po’ di compagnia vorrebbe inserirsi nel gruppo di ricamatrici, un raggruppamento di donne che è in realtà una associazione fondata dalla signorina Louisa Pesel, e diretta ora con il pugno di ferro dalla signora Biggins; che:
“l’avrebbe riconosciuta comunque dal piglio altezzoso che faceva il pari con la sua voce imperiosa.”
Il luogo è intessuto da una profonda tradizione e prestigio: qui si ricamano dei cuscini particolari, delle vere e proprie opere di arte all’insegna del motto:
“Ars longa, vita brevis”.
Si apre con questo ingresso un lungo percorso di emancipazione e di indipendenza che caratterizza la vita futura della giovane protagonista.
Un romanzo storico tipico ed indicativo dei testi dello scrittore. Una bella storia che tuttavia non mi ha convinto del tutto. Un racconto di conquista e di indipendenza sicuramente; ma con tematiche lontane dalla attualità. L’indipendenza della donna è da secoli irta e difficoltosa, ma quella ivi descritta è proprio agli antipodi della società odierna. E’ sicuramente per l’epoca un primo e positivo passo, ma lontano, troppo lontano.
Certamente è un affresco preciso, puntuale e di indiscusso fascino. Mescolando realtà storica e finzione l’autrice costruisce con maestria indubbia una storia emozionante ma intrinsecamente superata. Una storia che parla di tanti temi quali l’amicizia, la condivisione che in questo caso passa dal ricamo, il senso di comunità. Una sorta di piccolo e superato ricamo intessuto nel vasto disegno del tempo.
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Deludente, mi volgo altrove
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