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Il nano
 
Il nano 2019-10-05 14:47:26 David B
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
David B Opinione inserita da David B    05 Ottobre, 2019
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L’uomo e il nano, opposti ma uguali

Lagerkvist è uno scrittore sconosciuto quanto completo. Il mio precedente libro del medesimo autore fu “Barabba”. Ed è curioso osservare la diversità di stile, di approcci, di metodo usati per i due racconti. Il testo che rivive, in modo totalmente inusuale, la testimonianza cristiana ai tempi di Gesù presenta un impianto teatrale con i capitoli che si fanno stazioni e i dialoghi (parte prevalente del racconto) parti di copione in una immaginaria rappresentazione teatrale. Va da sè che il lettore, leggendo, ha come la sensazione di guardare e osservare lo sviluppo della storia. Un impianto, quest’ultimo, che viene completamente stravolto nel “Il nano”. Se dovessi immaginare di trovarmi di fronte a questi due racconti senza conoscere il nome dell’autore, difficilmente potrei arrivare a pensare che sia lo stesso per entrambi.
La lettura allegorica, il messaggio convogliato in queste pagine è, in fondo, uguale a quello dell’altro racconto. Ma non lo stile. Che si rivela privo di dialoghi diretti, privo di capitoli (che in “Barabba” erano scelti con sapiente diligenza al fine di ricalcare una scena teatrale), ampio uso di aggettivazioni e descrizioni. Ma sopratutto Lagerkvist fa ricorso a una sorta di ‘flash-back” in cui il protagonista, il nano, racconta con pochi filtri ciò che è appena accaduto: illustra le sue sensazioni, (non) emozioni, esperienze della sua vita a corte accanto al principe su cui nutre prima stima poi disprezzo e poi ancora orgoglio.
Un racconto che inizialmente ti attrae e ti incuriosisce per l’insolita costruzione stilistica e narrativa portata avanti dall’autore. Ma ecco che, una volta assuefatto e abituato da questa novità, il nostro premio Nobel per la letteratura (1951) ripropone lo stesso brodo presentato semplicemente in un altro piatto.

Mi spiego meglio. Il messaggio che si vuole far passare è lo stesso di “Barabba”: l’ateismo religioso, il forte scetticismo che legittima lo scrittore, quindi Barabba, quindi il nano a bollare la religione come ‘inutile’. Il racconto, scritto negli orrendi e bui anni della Seconda Guerra Mondiale, riflette ciò che l’uomo ha visto di cosa è capace l’uomo: invidia all’ennesima potenza, odio, malvagità, sadismo. Il nano è tutto questo. Il nano che segue come un ombra il principe, rappresenta la parte peggiore dell’uomo che si riflette a tutti i livelli dal più basso, ma sopratutto, al più alto (quello di aristocratico) dove, essendo il potere concentrato su te stesso, hai la sensazione di avere capacità su tutto, anche sulle persone. In questo brodo di cattive intenzioni, di malvagità, di tradimenti, di guerre nn poteva mancare la forte misoginia del nano (“le donne preferiscono sempre gli uomini inutili e insignificanti, perché sono più simili a loro” una frase emblematica, tra le altre) che poi si traduce in azioni deplorevoli per noi, indifferenti per lui. Lui odia il genere umano (cui solo il principe sembra sottrarsi) nella stessa misura in cui noi detestiamo i sentimenti di invidia, impotenza, dipendenza, malvagità che albergano in noi e danno l’illusione del piacere - che si rivelerà effimero. Questo rappresenta il vero tratto coerente del protagonista. Un atteggiamento che si scopre immediatamente fin dalla prima pagina. E le successive sono solo altri ‘esempi’, altri ‘momenti’ che fungono come da riprova di ciò che abbiamo già carpito nei primi passaggi: il brodo è sempre quello. Quindi non esiste, o meglio non si avverte, per quanto mi riguarda, il tentativo di ammaliare il lettore nel racconto e di renderlo partecipe e attivo nella storia. Bisogna armarsi di pazienza e volontà per poter concludere, per inerzia forse, la lettura di questo libro.

Occorre ricordare dunque la frase che viene sempre associata, per i pochi che lo conoscono, a questo testo: “nessuno è grande di fronte al proprio nano”. Tutti noi diventiamo piccoli quando diamo spazio agli istinti e alla parte peggiori di noi stessi sdoganando le più inebrianti illusioni di piacere. Un ritratto dell’uomo in cui la religione viene esclusa perché dove c’è stata ha portato solo desolazione, isolamento e morte

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Commenti

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David B
06 Ottobre, 2019
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Grazie Molly !
Bella recensione critica, David.
Non conosco nient'altro dell'autore, ma la mia impressione si avvicina all'autore. Non ho riscontrato in me piacevolezza di lettura, ma ho intuito che quella scrittura ha grandi potenzialità probabilmente espresse in altre opere.
In risposta ad un precedente commento
David B
11 Ottobre, 2019
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Grazie Emilio. Si, in parte hai ragione. È sicuramente uno scrittore di talento. Ma credo più per il pensiero (innovativo a quel tempo, meno oggi forse) che per il suo stile. In fondo la giustificazione a margine del Nobel conferitogli rende merito proprio la sua: “[...] per l'indipendenza del suo pensiero con cui cercò, nelle sue opere, di trovare risposte alle eterne domande che l'umanità affronta [...]”

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