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Pulsa anche a me una vena al collo. Per il finale
Dopo aver pianto tutte le mie lacrime con l'epilogo de "Il barone rampante", ho cercato rifugio in uno dei miei genere preferiti: il mystery. Il mio ultimo tentativo con la narrativa contemporanea tedesca non era andato benissimo (parlo dell'atroce “Musica per un amore proibito” di Hanni Münzer), ma questo non mi ha impedito di approcciarmi a “I misteri di Chalk Hill” di Susanne Goga.
Questo romanzo viene pubblicizzato come un mix tra il mystery e lo storico, con atmosfere simili a quelle del capolavoro della Brontë “Jane Eyre”, e per quanto riguarda questi aspetti posso dire che mantiene fede alle premesse; il lato sentimentale invece viene introdotto molto tardi nella narrazione -cosa che non mi ha minimamente infastidito- e risulta in questo modo artificioso e forzato -cosa che invece mi ha decisamente infastidito.
La storia si incentra su un mistero simile alle indagini di Sherlock Holmes, spesso citato nel testo, che all’apparenza sembra avere delle cause sopranaturali ma viene affrontato dai personaggi con piglio critico e cercando soluzioni oggettive; proprio per questo sono rimasta parecchio delusa dalla risoluzione finale solo in parte razionale, oltre che dalla prevedibilità della trama data ai moltissimi cliché.
I protagonisti sono caratterizzati con sufficiente cura, seppur venga dato fin troppo spazio alle loro storie precedenti, mentre per quanto riguarda i personaggi secondari si dimostrano quasi tutti funzionali alla trama e quindi privi di un loro spessore. Ad infastidirmi maggiormente è stato però lo stile dell’autrice che sembra incapace di avviare e concludere le scene, quindi inserire delle fastidiose frasi ad effetto oppure tronca di netto i dialoghi; promuovo invece i suoi sforzi per creare un’ambientazione storica credibile.
Indicazioni utili
- sì
- no