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IL FALANGISTA E IL MILIZIANO
“Soldati di Salamina” è un’opera genialmente strabica, incentrata com’è su due personaggi antitetici, il famoso falangista Sánchez Mazas e l’anonimo miliziano Miralles. La prima parte del romanzo è interamente dedicata a un aneddoto (l’episodio realmente vissuto durante la Guerra Civile spagnola dal poeta e ideologo fascista Rafael Sánchez Mazas, il quale scampò miracolosamente alla fucilazione da parte dei miliziani repubblicani), che Cercas ascolta casualmente in un’intervista e che da quel momento lo ossessiona e non lo abbandona più, fino a spingerlo a documentarsi, a rintracciare testimoni e a scrivere un libro su di esso. Non c’è ovviamente alcun intento revisionistico nel fare di un gerarca fascista l’apparente protagonista del romanzo, in quanto la sua storia è raccontata con una prosa fredda e distaccata, Sánchez Mazas è inchiodato alle sue responsabilità politiche e il giudizio sul regime di Franco è netto e senza ambiguità. Quello che interessa a Cercas è di intrecciare la Storia alle storie, spinto dalla convinzione che “alla fine è sempre stato un plotone di uomini a salvare la civiltà”, e non le grandi ideologie. In questo Cercas non appare distante dalla poetica di uno scrittore come Saramago, anche se nelle sue pagine non si ritrova mai la denuncia polemica e implacabile di quest’ultimo nei confronti della Storia con la esse maiuscola. La biografia di Sánchez Mazas non basta però a realizzare il proposito di Cercas, in quanto al puzzle faticosamente ricomposto attraverso una meticolosa indagine retrospettiva manca ancora un tassello: è un piccolo, casuale miracolo a far scoprire a Cercas, con l’involontaria collaborazione dello scrittore cileno Bolaño, l’esistenza in una remota cittadina francese del soldato che visse - dall’altra sponda, quella repubblicana - l’episodio della fucilazione. Il ritrovamento di Miralles in un triste ospizio per anziani sposta il clima del racconto su un piano di maggiore partecipazione emotiva. E’ evidente che la simpatia di Cercas vada al vecchio e malandato, eppure ancor pieno di dignità, Miralles piuttosto che alla figura retorica di Sánchez Mazas, e il fatto che il primo alla fine del colloquio con l’autore neghi di essere stato lui a graziare il prigioniero falangista dopo averlo scoperto mentre si nascondeva nel bosco non toglie nulla alla grandezza del suo personaggio. In fondo ogni vero atto di eroismo è sempre anonimo, è sempre destinato a rimanere misconosciuto tra le pieghe della storia anziché esaltato dalla logora retorica patriottica, e solo la letteratura ha il potere di riportare magicamente allo scoperto e di rendere eterni, come ha fatto – con una abnegazione che ci piace pensare autentica – Javier Cercas, l’umanità, la fratellanza e lo spirito di sacrificio di piccoli uomini che, senza nessuna speranza di ottenere le ricompense e gli allori che saranno appannaggio di politici e generali, fanno silenziosamente ed “eroicamente” progredire le sorti del mondo.
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