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Il giardino dei cosacchi
 
Il giardino dei cosacchi 2019-03-11 10:57:46 Valerio91
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    11 Marzo, 2019
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Stralci d'umanità di un genio

“Nella vita mirava solo a tre cose: scrivere, pubblicare, e sposare il suo grande amore. In quest’ordine.”
Questa la citazione che dovrebbe riassumere l’essenza de “Il giardino dei Cosacchi” di Jan Brokken, ma che da quanto emerge dalla lettura non sembra corrispondere del tutto a verità, almeno riguardo all’ordine di preferenza. Cominciamo con l’identificare questo libro: non è una biografia di Fëdor Dostoevskij, bensì il racconto dello stralcio più drammatico della sua vita, ovvero quello che comprende il suo arresto, la condanna a morte e la mutazione della pena ai lavori forzati in Siberia. Il tutto è ricostruito e romanzato tramite le lettere che l’autore russo ha scambiato con quello che in quel tempo era il suo migliore amico: l’ufficiale Alexander Von Wrangel, che è anche il narratore di questa storia. Il racconto dovrebbe essere accurato, considerate le fonti utilizzate per metterlo insieme, e riesce a mettere in luce il lato più umano di Dostoevskij e allo stesso tempo a sfatare qualche mito.

Tutto ha inizio proprio nel momento della commutazione della pena: Dostoevskij è sul patibolo e sta per essere fucilato insieme ad altri “sovversivi”. Tuttavia, proprio mentre si trova solo in attesa della parola “fuoco!”, arriva a cavallo un ufficiale per comunicare la grazia dello zar: niente più fucilazione, ma lavori forzati in Siberia e in seguito servizio nella città kazaca di Semipalatinsk. Proprio qui il nostro scrittore farà la conoscenza di Alexander von Wrangel, che da ragazzino ha assistito alla sua “quasi” esecuzione e che ne è stato segnato profondamente. Avrà qui inizio una profonda amicizia che li porterà a condividere tutto, portandoli ad aggrapparsi l’uno all’altro e a ritagliarsi un rifugio nel “Giardino dei cosacchi”, una vecchia dacia in mezzo alla steppa in cui potranno condividere riflessioni, gioie, dolori, e dalla quale saranno lontani spettatori del contesto politico della Russia di quell’epoca.
Questo fino a quando le vicissitudini li porteranno a separarsi, arrivando a una conclusione che mette in risalto la brutalità della vita; che mette in risalto come alcuni legami che credevamo indissolubili possano rompersi senza preavviso e a volte senza neanche un grave motivo. La vita dà, la vita toglie; ma mentre quello che riceviamo richiede molto spesso uno sforzo non indifferente, nel caso di un’amicizia anche un profondo impegno nel coltivarla, tutto ci può essere tolto anche in maniera brutale.

Tornando a quello che accennavo all’inizio della recensione, paradossalmente non credo che scrivere e pubblicare si trovino un gradino più su dello “sposare il suo grande amore”, per il nostro caro Fëdor. Perché? Perché nelle pagine di quest’opera si mette continuamente in risalto l’ossessione che Dostoevskij ha per quella che sarà la sua prima moglie: Marija Dimitrievna Isaeva, che nel momento in cui incontra lo scrittore è sposata e con un figlio. Questo amore malato (perché di questo si tratta, soprattutto a causa del carattere a dir poco folle di lei e dell’ossessione di lui) è in fondo il protagonista dell’intera vicenda, insieme all’amore altrettanto impossibile tra Von Wrangel e un’altra donna sposata. Perché dico che questo amore era più importante della scrittura, per Dostoevskij? Perché nei momenti in cui questo rapporto viveva i suoi momenti no l’autore era letteralmente incapace di scrivere. È strano fare questo tipo di constatazioni riguardo a uno dei più grandi autori di tutti i tempi, oltre che tra i miei preferiti in assoluto. In questa storia viene fuori tutta la fragilità, i suoi difetti (tra cui un’innata tendenza a elemosinare, che si tratti di soldi o di favori), il suo essere profondamente umano.
Certo, bisogna sempre considerare che si tratta del punto di vista (espresso tramite lettera) di un'altra persona; ma una persona che comunque gli è stata molto vicina per lungo tempo.

“«Grande è la gioia dell’amore», mi scrisse, «ma i dolori sono così terribili che sarebbe meglio non amare mai.»”

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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
A chi ama Dostoevskij e vuole approfondire l'uomo dietro lo scrittore.
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Commenti

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Non saprei dire in quale ordine mettesse i propri obiettivi il nostro Dosto. Comunque, a me il libro è assai piaciuto. In particolare apprezzo molto come l'autore e vari altri scrittori nordici strutturano e scrivono i romanzi storico-biografici : con una ricca documentazione, grande rigore e scarso ricorso al 'romanzesco'.
In risposta ad un precedente commento
Valerio91
13 Marzo, 2019
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Ciao Emilio... se ti devo dire che mi ha fatto impazzire, no, ma è stata comunque una lettura piacevole.
Non ho letto molti scrittori nordici, ma sembra abbiano molto seguito! E poi, in quanto a rigore... è proprio una cosa insita nel loro carattere, a quanto pare :)

Vale.
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