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La schiavitù dei moderni
« Che razza di mondo è, pensò Cora, quello in cui una prigionia perenne è il tuo unico rifugio? Era libera dalla schiavitù o ancora sotto il suo giogo: come descrivere la situazione di una fuggiasca? La libertà era qualcosa che cambiava forma mentre la si guardava, così come un bosco è fitto di alberi visto da vicino ma dall'esterno, da un campo aperto, se ne vedono i veri limiti. Essere liberi non aveva nulla a che fare con le catene o con la quantità di spazio a disposizione. »
Il romanzo di Colson Whitehead “La ferrovia sotterranea”, è una finestra aperta su uno dei drammi più violenti e disturbanti della storia: la schiavitù.
Forse in quanto europea ed italiana non ho mai riflettuto veramente a fondo su questa pagina, magari l'ho fatto per la schiavitù dell'età antica, che rimane però molto lontana dal nostro tempo. Negli Stati Uniti invece la schiavitù che ha coinvolto i neri rimane una piaga aperta e sanguinante ed è un argomento da cui non si può prescindere per capire il razzismo e la discriminazione che riguarda tuttora una parte della società americana.
“La ferrovia sotterranea” permette al lettore di immergersi in questa tremenda realtà e rimanerne abbastanza scioccati. Si tratta di una narrazione dal ritmo serrato, molto coinvolgente e allo stesso tempo soffocante, opprimente.
Cora è una giovane schiava di una piantagione della Georgia. Vive quotidianamente gli abusi e le atrocità che caratterizzano la vita di ogni schiavo. Un giorno, grazie alla proposta di un amico, Caesar, decide di tentare la fuga. Quasi nessuno è mai riuscito nell'impresa, ma alcuni anni prima ce l'aveva fatta proprio la madre di Cora, Mabel. La ragazza infatti non le ha mai perdonato di averla abbandonata in quel modo. Caesar racconta a Cora una strana storia: esiste una ferrovia sotterranea con treni dal passaggio irregolare ma costante, che li porterà lontano dalla Georgia, verso la libertà. In realtà negli Stati Uniti dell'Ottocento “la ferrovia sotterranea” era costituita dalla rete di relazioni e favori attraverso i quali gli abolizionisti aiutavano i neri a fuggire. Non era una reale ferrovia con treni e binari. Colson Whitehead ha avuto l'idea, sicuramente brillante, di immaginare invece che si trattasse di una ferrovia concreta che, lungo misteriosi binari sotterranei, conducesse gli schiavi fuggitivi nei vari Stati americani, e di costruirci intorno un originale romanzo.
Non stupisce che quest'opera abbia vinto il Pulitzer e il National Book Award nel 2017: racconta una pagina della storia americana senza censure, in modo avvincente ed appassionante.
L'unica nota un pochino dissonante che ho avvertito in questo romanzo, che mi ha convinta quasi del tutto, è stato il velo di distacco e freddezza con cui la vicenda viene raccontata. L'autore si è concentrato un po' troppo sulla trama e sul contenuto e ha un pochino mancato, secondo il mio modesto parere, l'obiettivo di farci entrare completamente in empatia con la protagonista.
Nel complesso, una lettura abbastanza angosciante in grado di farci riflettere.
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