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Il ponte sulla Drina
 
Il ponte sulla Drina 2018-12-10 07:21:45 kafka62
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3.8
Stile 
 
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kafka62 Opinione inserita da kafka62    10 Dicembre, 2018
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UN PONTE CROCEVIA DI CULTURE

“Il ponte sulla Drina” è la storia di Visegrad, una piccola cittadina bosniaca situata al confine tra mondo cristiano e mondo musulmano, e quindi crocevia di etnie, fedi e culture molto diverse tra loro; ed è anche, come si evince dal titolo, la storia del suo ponte, costruito nel XVI secolo e fatto assurgere dall’autore a muto e apparentemente inalterabile testimone dell’avvicendarsi di generazioni umane e di avvenimenti storici, sociali e naturali, ora drammaticamente incalzanti ora prosaicamente quotidiani. Proprio come il fiume che passa maestoso sotto il ponte, Ivo Andric nel suo libro osserva il lento scorrere degli anni con lo sguardo imperturbabile e impassibile di chi giudica gli eventi, le persone e le cose “sub specie aeternitatis”. Molte pagine sono cruente, quasi al limite dell’insopportabilità (nei primi capitoli un uomo viene impalato vivo, e il supplizio è descritto nei più minuti dettagli, più avanti un altro è inchiodato a un palo per un orecchio), eppure ciò non turba più di tanto il ritmo pacato e fluente della sua prosa. Allo stesso modo i cambiamenti politici e socio-economici (il passaggio dall’impero ottomano a quello austro-ungarico, i progressi portati dalla modernità) sono narrati con quella saggia e lungimirante filosofia di chi sa che solo il tempo è il vero giudice della storia e perciò guarda con compassione ai patetici tentativi degli uomini di contrastare la sua inesorabile legge. Alluvioni, epidemie e rivolte lasciano così dietro di loro immani strascichi di distruzione e di sofferenza ma pian piano vengono dimenticate e sostituite dall’indifferenziato trascorrere della vita di tutti i giorni, così come presto dimenticati (o per meglio dire trasferiti nella sfera idealizzata della leggenda e del mito) sono i vari Radisav (il serbo impalato per avere boicottato i lavori di costruzione del ponte, che l’immaginario collettivo trasforma in una sorta di invincibile eroe cristiano), Arapin (l’attendente moro rimasto schiacciato da un grosso blocco di pietra, il cui spirito si pensa continui a vivere all’interno del ponte), Ilinka la matta (la povera idiota convinta che i suoi due figli, in realtà nati morti, siano stati rapiti dai turchi per essere murati in un pilastro del ponte), Fata (la bellissima ragazza gettatasi nel fiume il giorno delle sue nozze), Milan Glasincanin (il giocatore d’azzardo che passa un’intera notte a scommettere col diavolo in persona), e ancora Pop Nikola e Mula Ibrahim (i maggiorenti della città, grandi amici pur essendo i capi delle due opposte comunità religiose, quella cristiana e quella islamica), Fedun (il militare suicidatosi per aver fatto passare alla “porta” il brigante Jakov travestito da donna), Lotika (l’affascinante e infaticabile albergatrice che dopo una vita di sacrifici e di abnegazione finisce pazza), Mujaga (l’eterno profugo, perseguitato ad ogni suo spostamento dagli inattesi cambiamenti dei governi e delle dominazioni) e tante altre figure (tra cui quella di Alihodza, presenza ricorrente degli ultimi decenni della narrazione, con la cui morte si chiude il libro), che tutte insieme vengono a comporre un suggestivo mosaico collettivo. Alla luce di tutto ciò, è facile capire come per rintracciare una visione morale nella disincantata e cronachistica scrittura di Andric sia necessario andare a spulciare con pazienza ed attenzione tra le pieghe di considerazioni apparentemente neutre e distaccate: soltanto così è possibile far emergere, dalla semplice successione di aneddoti tragici o divertenti cui “Il ponte sulla Drina” rischia di essere sbrigativamente ridotto, quell’orrore per la “famelica bestia” che di quando in quando, dopo essere rimasta per tanto tempo celata all’interno di leggi, usi e consuetudini civili, fuoriesce incomprimibile sotto forma di intolleranze etniche, di esplosioni di violenza bestiale, di laceranti conflitti che distruggono in pochi giorni le fortune faticosamente costruite in un’intera vita (e la mutilazione finale del ponte, un pilastro del quale viene, dopo essere stato minato, fatto saltare dai soldati austriaci in ritirata, è un eloquente simbolo di quanto ora detto). Andric non è un Saramago, e gli abitanti di Visegrad non hanno lo stesso spessore emotivo di quelli dell’Alentejo, ma “Il ponte sulla Drina” è ugualmente un romanzo intrigante, se non altro perché con mezzi espressivi semplici e lineari, di facile e immediata “leggibilità”, porta alla ribalta una regione del tutto sconosciuta ai più, cui la dizione “di frontiera” si addice perfettamente non solo dal punto di vista geografico ma anche e soprattutto da quello letterario.

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Commenti

5 risultati - visualizzati 1 - 5
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Bella presentazione. Un libro che ho da tempo in libreria , mai letto però.
siti
10 Dicembre, 2018
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Anche per me è in lista, mi sa che rientrava tra i miei buoni propositi per l'anno che volge al termine, pensavo fosse un capolavoro.
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kafka62
11 Dicembre, 2018
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Grazie Emilio. Il romanzo di Andric merita sicuramente una lettura, soprattutto se si amano i libri storici con una forte componente etica di fondo.
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kafka62
11 Dicembre, 2018
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"Il ponte sulla Drina" è a mio avviso, più che un capolavoro, un libro importante, soprattutto letto al giorno d'oggi, in una congiuntura storica dove gli incontri/scontri tra culture diverse rischiano continuamente di far precipitare l'umanità in uno di quei periodi bui che Andric ha saputo raccontare così bene, con distacco emotivo ma anche con un implicito senso della pietà, usando il suo romanzo come un monito affinché certe tragedie non avessero a ripetersi (anche se poi - come insegna la guerra nella ex Yugoslavia - si sono tristemente ripetute).
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siti
12 Dicembre, 2018
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La tua valutazione in stellette mi ha tratto in inganno.
5 risultati - visualizzati 1 - 5

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