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Lo schiavo di Dio
Ecco un altro capolavoro di Singer. Lo schiavo è un romanzo sull’amore e soprattutto sul rapporto con Dio. Il rapporto è difficile, perché certe cose sono difficili da digerire: il mistero della sofferenza, il silenzio di Dio di fronte al male, la constatazione che i cattivi prosperano mentre le brave persone fanno la fame e devono sopportare sopraffazioni e violenze inaudite. Ci sono le stesse considerazioni di Dostoevskij a proposito della sofferenza dei bambini, umanamente inaccettabile.
Il romanzo è ambientato in Polonia nel periodo delle persecuzioni razziali. Jacob, il protagonista, sfugge a una strage dove viene sterminata la sua famiglia e viene venduto come schiavo a un polacco cristiano, una brava persona. Si innamora della figlia di lui, Wanda, ma il loro rapporto è ostacolato dalla diversa religione. Wanda è disposta a convertirsi ma all’epoca un fatto del genere era punibile con la morte. I due comunque si sposano e vanno a vivere in una comunità ebraica dove lei si finge sordomuta.
Il romanzo è soprattutto un atto di accusa contro la mentalità gretta, superstiziosa, di ebrei e cristiani senza distinzione. Con la religione degli uni e degli altri, Dio ha poco a che fare. Gli ebrei, che Singer conosce meglio, hanno una serie di rituali da rispettare che diventano formalismi inutili quando la pietà umana viene lasciata fuori della porta e quando si rispettano i divieti alimentari ma non il precetto di non rubare e di non sfruttare il prossimo. Più o meno sono le stesse cose che Gesù Cristo diceva ai farisei, solo che Singer fa entrare il lettore nei riti e nella testa di questi ebrei per cui si capisce perfettamente come ragionano e sragionano e come le esigenze di una persona buona non possano essere soddisfatte da una comunità bigotta e superstiziosa. La religiosità è qualcosa di totalmente diverso da pratiche vuote o idolatre. Il romanzo è bellissimo, compreso il finale. A tutto c’è uno scopo, anche a cose che sembrano incomprensibili. Dio ha tutto chiaro e il Suo disegno è sempre per il bene più grande. Nel finale alcuni tasselli vanno al loro posto, il disegno di Dio per i protagonisti, almeno, si delinea con chiarezza. Perciò, forse, anche le persecuzioni e le stragi di innocenti, incomprensibili e disumane, metteranno un tassello nel progetto di Dio che è sempre per il bene, anche se per il momento resta incomprensibile. Il titolo gioca sulla parola schiavo. Chi è schiavo di chi. La schiavitù vera risulta essere quella delle passioni (donne, denaro e roba del genere) mentre l’amore vero, di Dio o dell’uomo, libera.
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