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Un’ unica storia, tante altre storie....
“ Vincoli, alle origini di Holt “, ( 1984 ) segna l’ esordio letterario di Kent Haruf e l’ inizio della poetica di un luogo ( Holt ) attraverso il fluire del tempo ( il ‘900 ) in una relazionalita’ scandita da gesti ripetuti e definenti.
Qui nasce e declina il racconto nella voce di un vicino di casa, Sanders Roscoe, riappropriatosi di una trama tinta di noir, la storia della famiglia Goodnough, partendo dalla pionieristica migrazione di fine ‘800’ alla ricerca di un tetto e di un pezzo di terra da coltivare.
Holt si affaccia su un angolo sperduto del Colorado, una terra piatta, brulla, arida, appartenuta agli indiani, una maledetta distesa sabbiosa, con poche case, e la vita dei Goodnough, agricoltori, si trascinerà’ nella imprevedibilità e durezza della storia, il Proibizionismo, la Grande Depressione, la Seconda Guerra Mondiale, il dopoguerra fino agli anni ‘70, epilogo del racconto.
Oggi Edith è una vecchia signora dai capelli bianchi scampata miracolosamente ad un evento inderogabile e necessario, accusata di un crimine ed in attesa di processo, il fratello Lyman è morto, i suoi genitori lo sono da parecchi anni.
Il respiro del romanzo non possiede ancora la linearità narrativa e l’ intreccio relazionale di ” La Trilogia della pianura “ ne’ la scarna ed intima essenza di “ Le nostre anime di notte “, ma esprime già un gusto poetico definente, quella miscela di silenziose presenze, delicatezza, il respiro di un mondo provinciale costruito su quotidianità, relazioni, perdite, lontananze, ritorni, un soffio vitale che, nello scorrere degli anni, consegna i protagonisti ad una inevitabile accettazione di tempo e destino.
Tutto sembra accadere e protrarsi inesorabilmente, il ricordo di quello che è stato indicarci una sola via, segnata dalla impossibilità di un qualsiasi appello e giudizio, avvolta in un ripetuto … “ come sempre “….
Edith, una vita intera passata in casa, cercherà invano una ribellione per un passato ingiusto, la rigidità di forma e contenuti, un padre tirchio e frugale, egocentrico e rinunciatario, un amore sottrattole inspiegabilmente ed un destino odiato da sempre.
Il fratello Lyman sparirà improvvisamente per venti anni, unico alibi la Guerra, nauseato da un lavoro estenuante, in un viaggio che ricerca una vita mai vissuta, semplici cartoline inviate come ricordo.
Un giorno finiranno come finiranno, due vecchi, fratello e sorella, soli in mezzo alla campagna, in una casa gialla circondata dalle erbacce, accompagnati dalle sole inspiegabili presenze, da giorni che ripresentano il passato, in un luogo, Holt, marchio ancora acerbo della propria essenza.
….”Certo che non è giusto. Niente in questa faccenda è giusto. La vita non lo è. E quando ripenso a questa storia non mi sembra ci sia che questo, una serie di solchi indipendenti “...
Questo il fluire del racconto, una iscrizione inserita nella cruda verità degli accadimenti.
I propri gesti, ripetuti, sempre quelli, riconsegnano ad un piccolo mondo certo, in passato odiato ma il solo conosciuto ed il sogno di un rinnovamento in questo angolo di terra non sopravviverà a lungo.
Un sacrificio personale non più necessario, l’ incubo di un ritorno alle odiate origini, un presente mutato dopo un incidente imprevisto generano una idea risolutiva, lo sguardo posato su un braccio alzato in senso di resa ed una fredda e calma disperazione che assumerà i colori sbiaditi del presente, una casa abbandonata ormai in rovina.
Holt racchiude il passato nella calma indifferenza dei propri resti, i Goodnough oggi sono tre lapidi al cimitero, in ospedale c’ è una vecchia signora ancora elegante e bella come tanti anni prima, il futuro un’ altra storia, tante altre storie, in attesa di essere raccontate…
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Per la verità, ho letto solo "Canto della pianura" : mi è piaciuto, ma non al punto da procurarmi subito gli altri suoi libri, anche perché ho sempre alcuni volumi che attendono lettura.