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Ascesa di un medico di provincia
Romanzo di quelli che piacciono a me: corposo, denso di avvenimenti, con una bella scrittura coinvolgente; uno di quei libri che mi tengono incollata alle pagine e che non vedo l’ora di riprendere in mano per vedere cosa succederà. Lo consiglio a chi ama i classici e le scritture articolate. Il protagonista è il dottor Andrew Manson che, per me, bambina negli anni ’70, è impossibile non immaginare con le fattezze di Alberto Lupo. È un uomo tutto d’un pezzo, con saldi principi morali, onesto e caparbio, un po’ grezzo e burbero nei modi ma ‘vero’. Lo incontriamo, negli anni ’30, fresco medico di una cittadina mineraria del Galles del sud dove la teoria di ciò che ha imparato all’università si scontra con la pratica, in mezzo a gente diffidente. È circondato da uno stuolo di personaggi che personificano ogni sfumatura umana, che lo ostacolano e lo aiutano, senza mai far scemare in lui il desiderio di compiere qualcosa di grande per il bene dell’umanità. Sposa Christine, la maestra della scuola, e, attraverso varie vicissitudini, si ritrova a Londra dove, per la prima volta, è attratto dalla facilità di una vita agiata ma senza scopo, e, sospinto dalla delusione per un’esistenza che ritiene, a torto, poco gratificante, abbandona tutti i suoi elevati progetti. Perde se stesso, diventa frivolo, adultero, un medico dei ricchi che si fa pagare molto per curare malattie immaginarie. Il suo rinsavire è accompagnato da un pesante pegno da pagare; risorge e riprende la propria strada verso un futuro che faccia davvero la differenza. Storicamente interessante è la denuncia delle incompetenze e delle ingiustizie della professione medica di quegli anni.
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