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Una stupenda storia d’amore
L’anno è il 1942, il luogo è Lisbona, capitale del Portogallo, ultima striscia di terra in Europa dove ancora non sono arrivati gli scherani nazisti e dove una varia e povera umanità che ha avuto la fortuna di giungere lì, dopo una serie di innumerevoli traversie, cerca disperatamente di trovare un passaggio e un visto per gli Stati Uniti. Uno di questi profughi è Joseph Schwarz, che da qualche giorno ha ottenuto, per lui e la moglie Helen, i visti per arrivare nel nuovo Mondo e due posti su una nave in procinto di partire. Tuttavia, l’uomo non ha nessuna intenzione di salire su quel bastimento e ha l’occasione di trovare un altro fuoruscito che ormai ha perso ogni speranza di raggiungere l’America; senza tanti preamboli gli propone di cedergli i passaporti, il suo e quello della moglie, con tanto di visti e due biglietti per la traversata, a patto che ascolti la storia che ha intenzione di raccontare. Quello naturalmente accetta e nel corso di una lunga notte al lettore sarà data la possibilità, o meglio ancora il privilegio, di leggere un romanzo che è perfino riduttivo definire un capolavoro. Peraltro, Erich Maria Remarque, l’autore del celeberrimo Niente di nuovo sul fronte occidentale , mi ha abituato all’elevata qualità della sua produzione, sempre impegnata a combattere qualsiasi guerra, a difendere il singolo uomo vittima di immani catastrofi, a parlare del dramma dei fuoriusciti durante il regime nazista, con trame appassionanti e senza mai una caduta di ritmo o di stile. Non avrei però mai immaginato che fosse capace di costruire una stupenda storia d’amore che ha sullo sfondo l’umanità dolente in fuga dalle barbarie. Può forse sembrare un’esagerazione, ma l’amore descritto da Remarque non è quello mitizzato, è un sentimento fatto anche di gelosie, di assenze, di improvvise e rapide presenze, insomma è un qualcosa che è possibile riscontrare normalmente. Tuttavia, il rapporto fra Helen e il marito è quello che si accompagna a due esseri in fuga, costretti dalle circostanze a un sostegno reciproco e se in un passato più quieto la relazione si trascinava stancamente, ora invece poco a poco divampa, concretizzando quella reciproca intima e forte passione che è propria dell’attrazione. Per la prima volta, fra mille pericoli, vivono veramente la loro unione, riscoprono quella scintilla amorosa da tempo assopita; sono pagine dense e pregne di significato, soprattutto dove lui cerca di capire quella situazione intima che si è venuta a creare, ma sono anche pagine che fanno fremere chi legge, che lo rendono partecipe a questo grande sentimento e alle vicissitudini che sembrano non scalfirlo. Ci sono dei momenti che si viene colti da una autentica commozione per le vette sublimi raggiunte dalla narrazione, per quel limbo di umanità che splende in un mondo sconvolto dalla guerra e dal terrore. La notte di Lisbona, pur con le sue 269 pagine che ne fanno un romanzo non certo breve, è uno di quei libri da cui, una volta iniziata la lettura, è difficile staccarsi sia perché si è naturalmente curiosi di sapere come andrà a finire, sia perché i fatti, i sentimenti sono autentico cibo per l’anima.
Personalmente, quando sono arrivato all’ultima pagina, ho stentato a chiudere il libro, perché il fremito che mi aveva invaso non accennava a diminuire, un’emozione intensa, una commozione sincera nel mentre mi sforzavo di immaginare come fossero i volti di Helen e del marito, due esseri umani nella bufera della tempesta nazista.
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