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Nomen omen.
“Nomen omen”. Così dicevano gli antichi: nel nome è racchiusa l’essenza del nostro destino. Che si voglia crederci o no, il nostro nome è la nostra eco nel mondo e l’eredità che lasciamo a chi verrà dopo di noi.
“Nomen omen”. Arte-misia è l’arte. La sua passione per la pittura il suo modo originale di stare al mondo. E, come ci insegna il doppio significato della parola, “passione” è amore, ma anche dolore. “Patire”, infatti, in senso strettamente etimologico, è “sentire” qualcosa, sia in bene che in male. In altri termini: è amare prima di tutto, amare fino ad accettare il dolore, come risulta chiaro quando diciamo, ad esempio, “la Passione di Nostro Signore”.
“Nomen omen”. La storia di Artemisia è il racconto di un amore per la pittura che deve fare i conti con una serie di dolori, dal grave torto subito da parte del collega artista Agostino Tassi, ai pregiudizi della società – che, un tempo come ancora oggi, spesso ostacola la piena realizzazione del talento femminile - fino alle incomprensioni vissute anche all’interno della famiglia.
“Nomen omen”. Il destino di Artemisia è, allora, “vivere tanto a lungo da poter dipingere ogni emozione umana”, rischiarare col colore lo sguardo e l’anima di chi, ancora oggi, può ammirare i suoi dipinti e cogliere gli stati d’animo che si agitano dentro i personaggi delle sue tele.
“Nomen omen”. Artemisia non compie solo il suo destino, ma anche quello di un’altra persona cara: Orazio Gentileschi, suo padre e maestro di pittura sin dall’infanzia, nonostante l’intensa collaborazione artistica di quest’ultimo proprio con l’Agostino Tassi responsabile dello stupro di Artemisia. Non a caso, la figura di Orazio Gentileschi, come in una composizione ad anello, apre il romanzo (“Mio padre mi camminava accanto per darmi coraggio e con la mano sfiorava lieve i pizzi che ornavano le spalle del mio corpetto”), si dilegua per buona parte della narrazione e poi ritorna proprio alla fine della storia, quando Artemisia raggiunge suo padre, ormai privo di forze, in Inghilterra e gli promette di dipingere una grande allegoria della Pittura (“Sì, papà” – Lo baciai lievemente sulla fronte – “Lo farò”).
“Nomen omen”. Per dirci, in fondo, che l’amore non è perfezione ma pienezza. E che è proprio quando le due s’incontrano che nasce l’Arte.
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